Boscoreale. Nascondeva armi clandestine in casa, nonostante fosse agli arresti domiciliari: 3 anni di reclusione (pena sospesa) a Gerardo Colantuomo, il 21enne “baby-pentito” del Piano Napoli di Boscoreale. A Colantuomo, che ha deciso di svelare all’Antimafia i segreti del mercato della droga di via Settetermini, per “paura di morire come Mauro Buonvolere”, i giudici hanno riconosciuto i benefici concessi ai collaboratori di giustizia.

L’ARSENALE. Il giorno dopo il suo arresto, Colantuomo disse ai poliziotti di Torre Annunziata dove nascondeva un vero arsenale di camorra. Nella camera da letto aveva tre pistole: una Beretta 9 X 19, una Luger 9mm ed una Tanfoglio 9X2, nonché numerosi proiettili di vari calibri ed un cappuccio nero tipo Mephisto. Successivamente, in un terreno non distante e dopo uno scavo, gli agenti rinvennero una carabina Benteler Vore calibro 22, un vecchio fucile mitragliatore calibro 9 della Beretta, una pistola Beretta 34 calibro 9 corto, una pistola Colt 19R U.S. Army, una Bernardelli One VB calibro 9 corto. Armi delle quali i giudici, in sentenza, hanno ordinato la distruzione. Il blitz in casa Colantuomo avvenne all'indomani di alcuni scontri armati, raid (non mortali) e spari nei portoni, che coinvolsero esponenti del clan Vangone, attivi nella “Scampia del Vesuviano”.

LE DICHIARAZIONI. “Dopo gli agguati, mi consegnavano le pistole – ha raccontato Colantuomo alla Dda – ma io, anziché distruggerle, le nascondevo in giardino. Ho preso parte ad almeno 10 agguati, nessuno mortale. Ricordo che una volta sparai nel portone di una persona a Sant'Antonio Abate solo perché lui ci aveva offeso su Facebook”. Ed ancora: “a settembre 2013 andammo a sparare nella proprietà dei Vangone a Boscotrecase, perché mio nipote aveva litigato con uno di loro. Decisi di sparare per far capire che non avevo paura. Dopo qualche giorno i Vangone risposero al fuoco, sparando nella mia autovettura”. 

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