Boscoreale. Giuseppe Gallo, alias «Peppe 'o pazzo», ras del clan Gallo-Limelli-Vangone, resta al 41 bis. Lo ha deciso il ministro della Giustizia Andrea Orlando, che lo scorso 14 giugno ha firmato il rinnovo del carcere duro per il narcos della cosca di camorra egemone nella zona tra Boscoreale e Boscotrecase.

Gallo rimarrà per altri due anni in cella, rinchiuso nel carcere di massima sicurezza di Parma. Il provvedimento del ministro è giunto a sette anni di distanza dallo spettacolare arresto del boss, avvenuto il 14 marzo 2009 all’esterno della struttura ASL di Secondigliano. Il blitz delle forze dell’ordine pose fine alla sua latitanza. Gallo si nascondeva in Spagna da 48 mesi.

I MOTIVI. Secondo il Guardasigilli non sarebbe “venuta meno la capacità di Gallo (oggi 39enne, ndr) di mantenere contatti con esponenti tuttora liberi dell'organizzazione criminale di appartenenza, anche in ragione della sua concreta pericolosità sociale”. Una formula di rito, utilizzata ogni due anni per rinnovare l’applicazione del 41 bis ai criminali di mafia e di camorra.

Prima di approdare al carcere di Parma, Giuseppe Gallo ha “visitato” i penitenziari di L’Aquila e di Cuneo. Il boss e già stato condannato in primo grado a 30 anni per il sequestro a scopo estorsivo e con “tecniche colombiane” di Carmine Buccelli, e a 20 anni in Cassazione come il leader indiscusso della cosca dei Limelli.

IL PROCESSO. La notizia è “rimbalzata” in Tribunale, poco prima dell’udienza sul processo a carico della presunta rete di sette colletti bianchi, che secondo l’accusa avrebbe favorito la latitanza di Giuseppe Gallo. Il boss “finto pazzo” (così soprannominato a causa di presunti disturbi schizofrenici) scappava dal febbraio 2007, quando il Tribunale di Torre Annunziata emise nei suoi confronti un’ordinanza per l'applicazione della misura di sicurezza provvisoria del ricovero in ospedale psichiatrico.

L’ACCUSA. Alla sbarra, tra gli altri, anche Adolfo Ferraro, il 63enne ex direttore del servizio sanitario dell’ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa. “Ferraro – così in aula il maggiore dei carabinieri Paolo Guida, che a capo della terza sezione del comando gruppo del nucleo investigativo di Torre Annunziata arrestò Gallo nel 2009 – era impegnato a far da tramite al cellulare con la moglie di Gallo, Annalisa De Martino. Non era un semplice rapporto dottore-paziente, era più confidenziale. Una telefonata ci insospettì parecchio. Avvertiva la donna che i carabinieri erano venuti all’ospedale psichiatrico”.

LA DIFESA. “Per Gallo ho solo svolto perizie sulla sua capacità di stare in giudizio – si è difeso oggi ai giudici il dottore, nel corso del suo esame - e confermo che lui sotto processo non può stare. Ma non sapevo fosse latitante. Guardavo documentazioni mediche e non atti giudiziari”. L’esame di Ferraro, assistito dagli avvocati Domenico Ciruzzi e Valerio Esposito, proseguirà ad ottobre. Nel frattempo, la Procura ha chiesto ai giudici di acquisire ulteriori intercettazioni – che non coinvolgono la posizione del medico - al fascicolo del dibattimento. Richiesta accolta. A luglio il conferimento dell’incarico al perito. 

Sondaggio


Risultati



Puoi ricevere le notizie de loStrillone.tv direttamente su Whats App. Memorizza il numero 334.919.32.78 e inviaci il messaggio "OK Notizie"