Boscoreale, l’istituto comprensivo Cangemi commemora la Shoah
Il dirigente scolastico Vitale: “Quando si viene travolti dalla brutalità dell’uomo, la cultura è l’unica ancora di salvezza”
22-01-2016 | di Antonio Tortora
VERSIONE ACCESSIBILE DELL'ARTICOLO
“La vita è una cosa meravigliosa e, cari bimbi, dovete viverla con gioia”. È questo l’invito di Alberta Levi Temin, ebrea sfuggita alla deportazione nazista, ai bambini delle classi quinte e a quelle della scuola secondaria di primo grado dell’istituto comprensivo 1° Cangemi. Levi Temin, novantaseienne e fondatrice dell’associazione “Amicizia ebraico-cristiana”, ha raccontato la sua esperienza di superstite nell’ambito del primo evento organizzato dall’istituto per commemorare la Shoah.
Il convegno, svoltosi nel teatro della sede centrale e moderato dal dirigente scolastico Rosa Vitale, si è articolato in più fasi. Dapprima, i ragazzi della classe V A si sono esibiti in un’esemplare drammatizzazione di un passo del famoso romanzo “Se questo è un uomo” di Primo Levi, quello in cui l’autore-protagonista, seppur trovandosi ad Auschwitz, si sforza di recitare il canto dantesco di Ulisse. Successivamente, è stata la volta della testimone la quale, coadiuvata dall’amica nonché presidente dell’associazione Diana Pezza Borrelli, con grande emozione e dolcezza ha illustrato la sua tragica esperienza di vita, che l’ha vista salvarsi dalla deportazione ma, allo stesso tempo, perdere molti cari. Sono intervenuti, poi, il sindaco Balzano e le varie rappresentanze scolastiche. In terzo luogo, è toccato ai ragazzi della classe V D, i quali hanno recitato la poesia “Se questo è un uomo” e, contestualmente, riposto sul palco dei sassi, elemento ebraico simbolico con il quale si rende memoria alle persone scomparse, suscitando, così, la profonda commozione della testimone. L’incontro si è concluso con l’esibizione canora di Luca Voccia e Monica Buonocore, sapientemente guidati dal maestro Paolo Balestrieri.
IL RACCONTO. “Non sono un’eroina, sono una che si è nascosta per salvarsi”. Così ha esordito Levi Temin nel condividere il suo vissuto. Quella di Alberta è la storia di un quarantennio di silenzi e sensi di colpa. Racconta che, quando ebbero inizio le deportazioni, fu costretta a spostarsi da Ferrara, città in cui viveva e considerata troppo vicina al confine, a Roma da alcuni suoi zii. Tuttavia, poco dopo il suo arrivo nella città eterna, le retate nazifasciste ebbero inizio anche lì. E coinvolsero anche la sua famiglia. Quando due nazisti, il 16 ottobre 1943, fecero irruzione nella casa in cui era ospite, Alberta Levi Tamin riuscì a fuggire fuori al balcone. La sorella chiuse i battenti della finestra e, grazie a questo espediente, Alberta riuscì a scamparla, mentre i suoi parenti furono deportati. “Obbedite sempre alla vostra coscienza – ha concluso la testimone rivolgendosi ai bambini – Non rimandate a domani quello che potete fare oggi. Del domani non c’è certezza”.
Sondaggio
Risultati
Puoi ricevere le notizie de loStrillone.tv direttamente su Whats App. Memorizza il numero 334.919.32.78 e inviaci il messaggio "OK Notizie"