TORRE ANNUNZIATA-BOSCOREALE. La incontravano sul pianerottolo di casa o per le scale. E quasi sempre, senza vergogna o timore delle “orecchie” del vicinato, le dicevano proprio così: “mongoloide”. Era in quel momento che Anna (nome di fantasia), 29enne di Boscoreale affetta fin dalla nascita da sindrome di “down”, abbassava lo sguardo e non sorrideva più. Correva dai suoi genitori, ma non parlava. Anna provava soltanto vergogna, restava zitta. Poi un giorno, all’ennesima offesa gratuita ricevuta per le scale, Anna non distoglie lo sguardo. Va dai suoi genitori e stavolta trova il coraggio. Raccontando tutto.

IL RACCONTO. “Mongoloide. Quelli del piano di sopra mi chiamano proprio così”. Anna si sfoga con mamma e papà, finalmente parla. Ricorda benissimo due anni fatti di soprusi verbali, non omette il dettaglio. Anche quella costante offesa, la sua “colpa” di essere “mongoloide”. “Colpa” scritta a chiare lettere nelle carte della successiva inchiesta, aperta dalla denuncia per stalking fatta ai carabinieri da mamma e papà. Una coppia di tranquilli 60enni, che abitano alle palazzine del rione di edilizia popolare di via Passanti Scafati. Il quartiere da sempre sotto scacco del clan Aquino-Annunziata. Per i genitori di Anna, tuttavia, non è una sorpresa.

L’INCHIESTA. Anche loro infatti da due anni (la vicenda risale al biennio 2012-2013)  sono vittime di chi abita al piano di sopra: E.F. e O.C., marito e moglie, entrambi 62enni di Torre Annunziata e la loro figlia, L.F. (36 anni). Forse proprio quest’ultima ha un bisogno disperato di quella casa al piano di sotto, deve sposarsi. E allora i tre torresi passano all’attacco, rendendo quasi impossibile la vita alle loro vittime, che salgono di numero. Nel “mirino” non finisce solo Anna, la ragazza “down”. Mozziconi di sigarette, secchiate d’acqua e buste piene di terreno incolto invadono, a giorni alterni, i balconi al piano di sotto. La madre e il padre di Anna, già sotto choc, dopo l’ultimo sopruso ai danni della figlia sporgono denuncia. Scatta l’inchiesta, condotta dal pm della Procura oplontina Barbara Aprea.

GLI ALTRI EPISODI. Indagine che col passare del tempo, grazie ai ricordi delle tre vittime, si arricchisce di ulteriori dettagli. L’offensiva contro Anna ed i suoi genitori continua, addirittura provocando improvvisi black-out elettrici o con danneggiamenti all’antenna della tv via cavo. Fino al giorno in cui la porta esterna della loro abitazione viene imbrattata con della schiuma da barba, presa a calci e pugni. In quest’ultima circostanza – come scritto nel fascicolo d’inchiesta – le minacce diventano esplicite: “O ve ne andate, o ve ne cacciamo noi”. E poi “lasciate la casa. Altrimenti, la prossima volta, la pianta vi arriva in faccia”.      

IL PROCESSO. Chiuse le indagini i tre torresi, E.F., O.C. e la loro figlia, L.F., sono stati rinviati a giudizio con l’accusa di stalking in concorso. Il giudice del tribunale di Torre Annunziata, Mariaconcetta Criscuolo, ha condannato tutti alla pena (sospesa) di un anno. Per Anna, la ragazza con la sola “colpa” di essere “down”, ed i suoi genitori, giustizia è finalmente fatta. Il risarcimento danni, in favore delle tre parti civili, verrà invece liquidato in separata sede.     

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