E’ tornato in libertà Giuseppe Alfano, il 23enne già noto alle forze dell’ordine di via Poggiomarino a Scafati, fermato lo scorso 28 febbraio dai carabinieri con l’accusa di far parte di una collaudata banda di picchiatori di rumeni attiva in periferia. La notte prima del fermo Alfano – secondo gli inquirenti – guidò in concorso un ‘commando’ di circa 10 persone, che a bordo di un’Opel Astra, una Peugeot 206 e una Fiat Punto, quasi ridusse in fin di vita un fiorista rumeno incensurato in zona Marra-Cangiani, nell’agro di Scafati.

L’AGGUATO. Il rumeno di 25 anni, sceso in strada quella sera in bici col fratello ed altri due concittadini per raccogliere vestiti usati, fu selvaggiamente picchiato dal ‘branco’ con una mazza. Poi costretto a salire in macchina e derubato nella propria abitazione: il suo portafogli, un ‘Samsung’ S3 e la tv, il bottino. Alfano e la banda fecero perdere le loro tracce nel buio della notte. La vittima perse invece i sensi, prima di essere soccorso solo alle 3 da un vicino che chiamò il 112.

Il giorno dopo un ricovero al reparto di Chirurgia dell’Ospedale di Sarno, il rumeno raccontò tutto ai carabinieri di Boscoreale:“Tu sei venuto a rubare in casa mia. E’ quello che ti meriti”, il movente dell’agguato svelato dalla vittima. Al 25enne, gli aggressori mostrarono anche un video: Mi chiesero se conoscessi il proprietario di una Berlina bianca, che per loro rubava negli appartamenti a Boscoreale”, gli ulteriori dettagli raccolti dalle forze dell'ordine.

IL PROCESSO. Alfano, poi trasferito in carcere a Poggioreale e riconosciuto in foto da alcuni testimoni, è finito alla sbarra al Tribunale di Torre Annunziata con le accuse di sequestro di persona, rapina e lesioni gravi. Per la stessa aggressione uno dei suoi complici, il 33enne di Poggiomarino Alessandro Avino, è già stato condannato in abbreviato dal gup della Procura oplontina, Elena Conte, a 5 anni di reclusione.

Alfano, difeso dall’avvocato Guido Sciacca, ha scelto invece il rito ordinario a processo. Fino ad oggi ha assistito a tutte le udienze in gabbia, perché il suo fermo fu trasformato poco dopo dal gip in ordinanza di custodia. Per la Procura della Repubblica di Torre Annunziata, Alfano era tra i promotori del “raid” punitivo: “Ricostruzione non precisa – ha affermato al pm il suo avvocato - . Alfano partecipò alla spedizione, ma non era il ‘capo-branco’. Anche le testimonianze discordanti sul punto lo dimostrano”. Tesi che ha convinto il giudice a scarcerare il 23enne scafatese. Alla prossima udienza, fissata per i primi di Febbraio, Alfano affronterà da libero il processo.

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