Entra nel vivo, dinanzi al gup Alessandra Ferrigno della diciannovesima sezione del Tribunale di Napoli, il processo a carico del boss ‘finto-pazzo’ di Boscotrecase Giuseppe Gallo (38 anni in foto, oggi in carcere a Parma), e di altri 14 imputati ritenuti dalla DDA partenopea vicini al clan Gallo-Limelli-Vangone: associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, detenzione e porto illecito di armi, estorsione, false attestazioni e assistenza agli associati, i reati contestati a vario titolo ai 15 oggi alla sbarra.

Tutti tratti in arresto nel blitz interforze del 13 aprile scorso. Giorno in cui i carabinieri del nucleo investigativo di Torre Annunziata, San Valentino Torio, Castel d’Ario e Trieste, eseguirono l’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip Egle Pilla del Tribunale di Napoli, su richiesta del Procuratore della Direzione Distrettuale Antimafia Giovanni Colangelo, per smantellare un gigantesco traffico di cocaina ed hashish dall’Olanda e dalla Spagna. Giro d’affari (sequestrati nel corso dell’inchiesta beni per 7 milioni di euro circa) diretto secondo l’antimafia da Giovan Battista Ametrano (47) e Vincenzo Caruso (34 di Portogruaro, ma originario di Torre Annunziata), vicini al clan Limelli Vangone, aiutati da Luigi Tortora (46 di San Valentino Torio) e Mario Menichini (40enne di Boscotrecase). 

Tra le accuse mosse dal pm Maria Di Mauro (che in requisitoria ha già invocato pene durissime dai 4 ai 16 anni per i sodali) anche quella di tentato omicidio. Per gli inquirenti ‘Peppino a’ scignetella’, con la complicità di suo cugino Rocco Luigi Limelli (44), figlio del fondatore della cosca che per anni ha gestito il mercato della droga e il sistema del racket a Boscotrecase, tentò di uccidere il 21 settembre 2007 il 53enne Raffaele Iovane (imputato anch’egli a processo con suo figlio Giovanni).

Una raffica di colpi d’arma da fuoco esplosi nei pressi della Casa Comunale. La vittima del presunto agguato trovò scampo, quel giorno, rifugiandosi negli uffici della polizia municipale di Boscotrecase. “A sparare fu il boss aiutato dal cugino. Giuseppe Gallo temeva per l’improvvisa ascesa di Raffaele Iovane. Il suo regno era in pericolo”. Questa in sintesi la tesi dei magistrati.

Anche per l’episodio del tentato omicidio Giuseppe Gallo rischia ora una condanna a 7 anni di carcere. Sei, invece, quelli invocati dal pm di Napoli Di Mauro per suo cugino Rocco Luigi Limelli, figlio del ras ucciso in un agguato di camorra nel 1995 a Torre del Greco. La difesa del boss ‘finto-pazzo’ ha provato al processo a smontare l’impianto accusatorio. Una spallata forte, figlia dell’annullamento dell’ordine di carcerazione già ottenuto sulla singola vicenda dal Riesame in primavera: “Nessuna intercettazione, anche nel più corposo filone Pandora, quando mezza Boscotrecase aveva cimici in casa, lega il nome di Giuseppe Gallo o di Limelli a Raffaele Iovane”  - è la linea degli avvocati ribadita oggi in aula - . Restano solo due udienze. Poi, prima di Natale, l’attesa sentenza sul presunto raid.     

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