BOSCOTRECASE. Quaranta giorni di tempo e una visita psichiatrica da effettuare nel carcere di Parma, dov’è tuttora detenuto al “41-bis”, serviranno finalmente a stabilire se Giuseppe Gallo, 38 anni (in foto), boss del clan Vesuviano Gallo-Limelli-Vangone, è “pazzo oppure no”. La perizia sulla sua “capacità processuale e di intendere e volere” è stata disposta dai giudici della Prima Penale del Tribunale di Torre Annunziata (presidente di collegio Ernesto Anastasio), nel corso dell’ennesimo processo contro il narcos di Boscotrecase, acciuffato nel 2009 dai carabinieri del nucleo “catturandi” dopo circa due anni di latitanza in Spagna.

Giuseppe Gallo, già condannato in primo grado a 30 anni di carcere per il sequestro a scopo estorsivo con “tecniche colombiane” di Carmine Buccelli, e a 20 anni in Cassazione come il leader indiscusso della cosca, è alla sbarra stavolta per una presunta “truffa all’Inps” aggravata dall’art. 7. Simulando patologie e un “disturbo psicotico con base schizofrenica”, curato con farmaci neurolettici – così il pm della Procura della Repubblica oplontina Francesca Sorvillo – Peppino “a scignetella” non solo evitava il carcere, ma incassava pure “un assegno di invalidità civile totale e permanente del 100%”. Assegno da 747 euro al mese, percepito per cinque anni: dal 2004 al 2009.

Per i suoi avvocati, il ras “finto pazzo” sarebbe addirittura peggiorato tra il 2013 e il 2015, dopo due atti di natura auto-lesionistica compiuti in cella. Nella notte tra il 25 e il 26 novembre scorso l’ultimo tentativo di suicidio in carcere a Cuneo. Giuseppe Gallo provò ad impiccarsi. A salvare il boss fu solo il tempestivo ricovero in terapia intensiva all’ospedale penitenziario di Torino.

LA PERIZIA. Sarà il chirurgo Luca Bartoli, psichiatra e psicoterapeuta presso la ASL di Salerno, a rispondere ai quesiti formulati dai giudici. Il dottore visiterà “Peppe ‘o pazz” (soprannome attribuitogli negli ambienti criminali) nel carcere di massima sicurezza di Parma. Solo dopo scriverà una relazione decisiva anche per le sorti degli altri processi che vedono alla sbarra il capo-clan di Boscotrecase.

Secondo un’inchiesta parallela, condotta dalla dda di Napoli, la presunta sindrome del boss sarebbe stata agevolata anche da alcuni colletti bianchi. Tra questi Adolfo Ferraro, il 63enne ex direttore del servizio sanitario dell’ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa, già imputato per favoreggiamento personale. Per l’accusa infatti, anche grazie a certificati medici “compiacenti”, Giuseppe Gallo sarebbe stato in grado di evitare processi e condanne.  

 


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