Sono passati 25 anni. Costantino Laudicino al tempo lavorava al deposito Aci di via Tenente Rossi a Boscotrecase. La sera del 3 febbraio 1992 aveva finito il turno e stava tornando a casa assieme ad un collega. Costantino aveva 25 anni. Era un bravo ragazzo. Non aveva nessun tipo di contatto con la criminalità. Eppure quella sera fu ucciso da numerosi colpi d’arma da fuoco.

Chissà cosa pensò in quei terribili istanti. Forse non si rese conto di nulla, subito straziato dai proiettili che gli negarono la vita che lui avrebbe voluto vivere. Non riuscì nemmeno a immaginare un’ultima volta la giovanissima moglie e i figlioletti.

La dinamica della esecuzione camorristica fu ricostruita dalle dichiarazioni concordanti di diversi collaboratori di giustizia. Era in atto la faida fra i clan Limelli e Gionta. Questi ultimi decisero di eliminare il boss rivale e i suoi fedelissimi. Furono individuati gli obiettivi ed iniziarono gli appostamenti. Antonio Tarallo era in cima alla lista. Quella sera fu segnalato nei pressi dell’officina. Fu immediatamente allertato il commando, che si precipitò sul luogo e scaricò la morte.

Costantino Laudicino aveva ancora una vita da vivere. Era innamorato e padre felice. Aveva un lavoro. Eppure una colpa l’aveva: l’incredibile somiglianza ad Antonio Tarallo. Una colpa, perché da queste parti, evidentemente, non si può somigliare ad un camorrista, per non incombere in un beffarda tragedia.

Un tragedia che da 25 anni resta ancora viva nel ricordo dei cittadini di Boscotrecase e dei paesi limitrofi: un ricordo che “Libera” mantiene vivo, affinché non si ripetano mai più disastri del genere.

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