L’ORIGINE DELL’INCHIESTA. La prima traccia dell'ultimo blitz anti-fannulloni (articoli e video in basso) il 28 luglio 2014. A seguirla sono i carabinieri della stazione di Trecase (agli ordini del maresciallo capo Antonio Tiano e del vice Claudio Milito). I militari, quel giorno, sono di pattuglia in via Lava. Notano una macchina della Municipale in sosta. Si fermano anche loro. Nei pressi di via Lava abita il figlio di un alto responsabile della Polizia Locale. Entrati nella sua abitazione trovano suo padre lì, in uniforme estiva. E’ da poco passata l’una. La circostanza insospettisce i carabinieri, che provano a vederci chiaro.

Richiederanno un “memoriale di servizio” al Comando competente, scoprendo che il Maggiore (non coinvolto dall’inchiesta, ndr) quel 28 luglio è invece “comandato di servizio di ufficio e di pattuglia con turno ore 8-14”. I militari di Trecase scrivono in Procura. Il 3 dicembre 2015 sono autorizzati a piazzare “occhi elettronici” all’esterno e all’interno del Comune (tre le “brandeggiabili” usate con collegamento alla sala registrazioni). Scatta così un mese e mezzo di osservazioni, pedinamenti, controllo dei “badge” all’ingresso e all’uscita dei 30 dipendenti ormai nel mirino.   

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