Boscotrecase. "Giuseppe Gallo? Non è pazzo. Soffre soltanto di disturbi”
In tribunale, l’ennesimo capitolo della ‘querelle’ sulla schizofrenia del ras del Vesuviano
08-09-2016 | di Salvatore Piro
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Boscotrecase. “Giuseppe Gallo non è pazzo, soffre soltanto di disturbi psichici”. Dopo il sì al processo al ras dei Gallo-Limelli-Vangone, in tribunale va in scena l’ennesimo capitolo sulla sua presunta schizofrenia.
A scriverlo è stato ieri in aula il primo teste dell'accusa, il dottor Vincenzo Rio. Il consulente al quale la Dda di Napoli ha affidato il compito di dimostrare ai giudici che il 38enne ‘Peppe 'o pazz’ ha finto una patologia psichiatrica, per incassare in maniera indebita la pensione di invalidità dell’Inps ed evitare contemporaneamente i processi per camorra.
Tutto sarebbe avvenuto dopo il 2005, quando i medici diagnosticarono la malattia al boss, difeso in aula dall'avvocato Nando Striano. “Ho visitato Gallo nella sua cella di Ascoli Piceno a novembre di 5 anni fa – ha detto Rio al Collegio di Torre Annunziata – e non soffriva del disturbo che l'aveva portato al riconoscimento del 100% di invalidità civile e all'accompagnamento. La sua patologia esiste, ma è intorno al 35%. Quindi può stare sotto processo e non deve incassare la pensione. Schizofrenico? No, però Gallo ha disturbi di personalità evidenti”.
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Giuseppe Gallo, simulando una grave sindrome schizofrenica, avrebbe infatti incassato dal 2004 al 2009 un assegno di invalidità totale da 747 euro al mese. Nelle scorse udienze il consulente della difesa, lo psicologo e volto noto della tv Alessandro Meluzzi, aveva chiesto per lui “l'incapacità processuale”. Meluzzi ha visitato il ras in cella 6 volte tra gli istituti di Cuneo e Parma, dove ‘Peppe ‘o pazz’ è tuttora detenuto al 41-bis. Ma, secondo i giudici, “pur avendo qualche disturbo, Giuseppe Gallo può partecipare al suo processo”.
Il ras, aveva già chiarito lo stesso Collegio, “si faceva visitare solo dal suo professore, simulando di non conoscere il perito del pm. Giuseppe Gallo non è pazzo. Ha solo un disturbo della personalità, aggravato dal carcere. Dà risposte bizzarre, ma la sua è una sindrome da detenzione prolungata”.
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