Nessun broglio elettorale il 29 marzo 2010 nella sezione 49 di Torre Annunziata. Non ci fu un “gioco sporco” del rappresentante di lista del Pd per favorire l’ascesa in Regione dell’ esponente di “Noi Sud” Raffaele Sentiero. Il fatto non sussiste. Incassano l’assoluzione piena, a cinque anni di distanza dagli scrutini, l’ex assessore Dem Michele Cuomo (54 anni) ed il segretario del seggio “incriminato” Michele Papa (26).

Questa la sentenza emessa oggi in primo grado dal giudice monocratico del Tribunale di Torre Annunziata, Antonio Pepe (tra 90 giorni il deposito delle motivazioni). Il pm della Procura della Repubblica oplontina, Sergio Raimondi, aveva chiesto di assolvere entrambi gli imputati “per non aver commesso il fatto”.

IL PROCESSO. Cuomo e Papa finirono alla sbarra con l’accusa di aver compilato in concorso “un verbale di scrutinio (il cosiddetto modello 86 AR) poco chiaro, attribuendo in modo fraudolento 4 voti sospetti” a Sentiero (estraneo alla vicenda penale ed all’epoca presidente del consiglio comunale a Torre Annunziata). Il tutto in danno di Francesco Barbato, figlio del senatore Udeur Tommaso, primo tra gli esclusi e per una manciata di voti.

Barbato presentò ricorso denunciando brogli in diverse sezioni elettorali di Napoli e provincia (coinvolti altri 17 seggi di Torre Annunziata e 3 di Boscoreale, ndr). Cuomo e Papa furono arrestati dai carabinieri alle 5 del mattino del 3 novembre 2011. Così decise il gip del Tribunale Nicola Russo.

E’ però bastato ricontare in dibattimento, 4 anni dopo i domiciliari, le 600 schede contenute nel plico “Comune di Torre Annunziata, sezione 49”. Calcoli ordinati dallo stesso giudice Pepe. Giudice per il quale, sulla base del riconteggio (81 schede per la lista “Noi Sud”, 79 con preferenza per Raffaele Sentiero, 2 senza alcuna preferenza, 4 schede “anomale”, che riportavano il voto per Sentiero in corrispondenza però di liste diverse) “non si violò la legge elettorale” la sera del 29 marzo 2010.

I COMMENTI. “Ho vinto la mia battaglia, ma ho passato cinque anni d’inferno”. Questo il laconico commento alla lettura del dispositivo in tribunale di Michele Cuomo, già presidente della Multiservizi: una carriera istituzionale distrutta dalle manette ai polsi. Come ammette oggi in aula anche sua moglie: “Quando vidi i carabinieri in casa in piena notte – si lascia scappare - pensai che mio marito fosse diventato più importante di Berlusconi”.

Soddisfatti gli avvocati dei due imputati. Per Michele Riggi, difensore con Marina Ciniglia di Cuomo, “la sentenza di oggi dimostra il grande senso di responsabilità e di equilibrio della magistratura”. Più piccata invece la reazione dell’avvocato Roberto Cuomo (difensore di Papa): “Un processo che invita tutti ad una seria riflessione, per evitare il ripetersi di analoghe situazioni giudiziarie. Vicende che inevitabilmente si ripercuotono in modo grave sulla vita sociale e lavorativa di imputati innocenti”.  

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L'intervista

La sentenza