"Ho consegnato a Sandro Acunzo circa 2,5 milioni di euro tra orologi, diamanti, auto e contanti. Poi da quando nell'estate del 2009 i carabinieri di Castello di Cisterna mi hanno sequestrato la barca, sono iniziati i problemi". Lo ha detto Francesco Casillo, alias "a' vurzella" nel corso della sua deposizione nel processo contro i presunti carabinieri infedeli della caserma di Torre Annunziata. Un'udienza durata due ore e iniziata in leggero ritardo per colpa di alcuni problemi al blindato che ha portato in aula il boss del Piano Napoli di Boscoreale. 

LA RICOSTRUZIONE. Al centro del dibattimento un sequestro di cocaina “sospetto” fatto dai militari dell’Arma di Torre Annunziata, agli ordini dell’allora capitano Pasquale Sario. Secondo la Procura, Sario fu corrotto, insieme con l’appuntato Sandro Acunzo e al luogotenente Gaetano Desiderio, dal boss Franco Casillo. “A’ vurzella”, infatti, avrebbe passato loro informazioni per compiere arresti e sequestri eccellenti in cambio di favori. I problemi nacquero con il sequestro di uno yacht nell’estate del 2009 per mano dei carabinieri di Castello di Cisterna. Casillo era in vacanza con la famiglia ad Acciaroli. “Da lì la situazione iniziò a complicarsi – ha continuato Casillo in aula. Acunzo mi disse che su di me c’erano delle indagini in corso ma che se ne sarebbe occupato egli stesso. Raggiungemmo un accordo: 6mila euro in cambio della sparizione dei documenti che mi riguardavano”. I presunti carabinieri infedeli avrebbero suggerito a Casillo di offrire una finta collaborazione con il procuratore capo Pierpaolo Filippelli. “Dovevo dire che ero lì per far arrestare Umberto Onda (uno dei killer del clan Gionta, ndr) poi invece iniziai a raccontare di episodi che non riguardavano direttamente i miei affari. Fu allora che Filippelli mi tolse la protezione”.

IL DEPOSITO DELLA CASERMA. L’obiettivo dichiarato da Casillo in aula era quello di sottrarre, grazie all’aiuto dei presunti carabinieri infedeli, la cocaina presente nel deposito della caserma di Torre Annunziata. Un carico di 335 kg. “Quando Sario fu trasferito – ha spiegato Casillo – mi disse che potevamo continuare i nostri affari, anche con il suo successore. Anticipai il denaro ad Acunzo più volte ma la droga che era nel deposito non è mai giunta a destinazione”. Il boss allora fiutò il pericolo ed effettuò delle chiamate al maresciallo Francesco Vecchio: “Fu allora che scoprii che la droga, in realtà, era stata distrutta”. L’altra chiamata la fece di nuovo a Sandro Acunzo: “Mi disse di presentarmi la sera stessa in un terreno alle falde del Vesuvio – ha riferito Casillo in aula –. Pensai che volesse uccidermi, visto che sapevo della bugia della cocaina. Non andai all’appuntamento e lo denunciai”.

LA DENUNCIA. Nella denuncia effettuata il 20 agosto 2010 Casillo portò alla pm Silvana Sica alcune sim per provare le interazioni tra lui e Acunzo sul traffico di droga. I tabulati e le altre conversazioni effettuate dal boss saranno argomento principale delle prossime due udienze, in programma il 25 giugno e il 2 luglio, durante le quali verrà nuovamente ascoltato Francesco Casillo e, in videoconferenza, un altro collaboratore di giustizia, Claudio Scuotto, attualmente in un luogo protetto.

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