CASTELLAMMARE. “Cercammo di ripristinare la legge, perchè nei chioschi non si poteva cucinare. Perciò approvammo il progetto per sostituirli. Ma ora, a Castellammare di Stabia, credo esista un solo mini-ristorante”. E’ Salvatore Vozza, sindaco ‘rosso’ della Città delle Acque dal 2005 al 2010, a chiudere testimoniando in Tribunale a Torre Annunziata l’udienza del processo sui tipici chalet dell’Acqua della Madonna e su quella gara: l’appalto indetto dal Comune nel 2006, che ora vede imputate 19 persone per concorso in turbativa d’asta. Sedici piccoli imprenditori che la vinsero, quell’asta, il cui risultato ora è “seppellito” perché i chioschi, figli della tradizione e della storia, in via Duilio non ci sono più.

Alla sbarra, coi sedici “acquafrescai”, anche tre dipendenti comunali: la dirigente del Comune di Castellammare di Stabia, Lea Quintavalle, e i due dipendenti Michele Martone e Aniello Lamberti (andato in pensione). Si trattò di una gara truccata, secondo l’accusa, poiché tutti i partecipanti – già precedentemente gestori dei chioschi e legati da vincoli di parentela – presentarono nello stesso giorno la medesima offerta di 3.250 euro (su una base d’asta fissata a 3.234 euro), aggiudicandosi ognuno il “suo” chalet, senza che altri presentassero domanda. L’assegnazione di quei 16 ristorantini in riva al mare fu definita "sospetta" dalla Commissione d’Accesso che si insediò nel 2009 a Castellammare di Stabia, dopo l’omicidio del consigliere comunale Gino Tommasino, durante l’Amministrazione dell’allora sindaco Salvatore Vozza. 

Dinanzi al giudice monocratico Paola Cervo, del Tribunale di Torre Annunziata, a testimoniare è stata la recente storia della Politica stabiese: il “gotha” delle fasce tricolore. C’era pure il professore Catello Polito. Altro ex sindaco dal 1992 al 2002: “Il Comune creò con la Sovrintendenza una sorta di ‘chiosco-tipo’ e le vecchie strutture furono abbattute. Affidammo temporaneamente per tre mesi la gara a un Consorzio unico. A Castellammare i chioschi rivestivano un interesse sociale e ricordo –  ha concluso Polito – che il giudice Gallo mi prosciolse con formula piena, indicando nella nostra scelta dell’affidamento temporaneo un modello esemplare”. L’intera area, sulla quale la Procura della Repubblica di Torre Annunziata aprì un’indagine nel 2003, venne poi sequestrata dalla Regione.

Quella che fu considerata “una turbativa d’asta” non venne invece ravvisata dal gup che nel 2012, in udienza preliminare, prosciolse tutti gli indagati emettendo una sentenza di “non luogo a procedere” nei loro confronti. L’impugnazione del provvedimento in Cassazione, però, permise alla Procura di ottenere la revisione e il rinvio a giudizio per le 19 persone che parteciparono alla gara. Compresi i tre dipendenti comunali.

“Dopo il dissequestro affidammo l’area in subconcessione al Consorzio – ha spiegato invece Ersilia Salvato, sindaco della sua città natale dal 10 giugno 2002 al 28 aprile del 2004, giorno dello scioglimento anticipato del Comune per le dimissioni dei consiglieri di maggioranza - . Quindi demandammo agli uffici competenti una gara pubblica. Fu studiata in maniera corretta, almeno fino al 2004”. Poi la stessa Salvato fu costretta a lasciare.

La gara la vinse, nel 2005, il Consorzio unico costituito in ATI. Consorzio che però, come spiegato ancora dall’allora sindaco Salvatore Vozza, “non versava al Comune il giusto canone. Per questo preferimmo fare una gara che prevedesse l’assegnazione dei singoli chioschi. Furono approvate due delibere, nel frattempo si modificò il Codice appalti. Provammo a riportare la legalità a Castellammare di Stabia”. Infine, tra il 2010 e il 2013, ricevute le prescrizioni prefettizie, l’allora sindaco Luigi Bobbio aveva provveduto prima a ritirare le licenze, poi ad abbattere gli chalet, bandendo tre gare andate deserte per due volte. Ad oggi, all’Acqua della Madonna, sono solo 2 i chioschi assegnati sugli 8 ristorantini previsti dal progetto.

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