“A Castellammare si fa così, vieni con noi sennò ti spariamo”: minacce di morte e di pestaggi, anche a moglie e figli di due imprenditori, in cambio di un’assunzione. Era questo il sistema usato da Francesco Amoroso, Antonio Vollono, Catello Schettino, Catello e Ferdinando Scarpato, Nicola Tramparulo, i sei (in foto in basso) tra sindacalisti e operai della “Fincantieri” di Castellammare di Stabia, arrestati oggi dagli agenti del Commissariato agli ordini del primo dirigente Pasquale De Lorenzo.

Estorsione aggravata e continuata, l’accusa per tutti. Le minacce, come spiegato in conferenza stampa al Tribunale di Torre Annunziata dal Procuratore della Repubblica Alessandro Pennasilico, “erano ai danni dei titolari di due ditte. La prima stabiese, l’altra di Napoli, specializzate in ponteggiatura e servizi elettrici da fornire in sub-appalto a Fincantieri”, nel frattempo a caccia di personale perché impegnata, a gennaio 2014, nella costruzione di una nave ad alta tecnologia.

Vollono, considerato dagli inquirenti “il principale organizzatore delle attività illecite”, e Tramparulo, sono inoltre indagati anche per il sequestro di una delle vittime, poi decisasi a ‘vuotare il sacco’ solo nel 2015. Da lì e a gennaio l’apertura dell’inchiesta-lampo, con intercettazioni e pedinamenti, chiusa oggi dalla polizia di Castellammare con sei arresti. “Gli indagati – sottolinea il Procuratore Pennasilico – non sono persone con particolari precedenti. Purtroppo il sistema è diffuso. C’è il rischio che le aziende scappino dalla nostra Regione. Mi appello anche ai sindacati: prendete subito le distanze da ‘pseudo-manifestazioni’ e vostri sedicenti rappresentanti”. Nel mirino degli agenti, infatti, proprio la condotta del ‘sindacalista’ Antonio Vollono.

Uno degli imprenditori taglieggiati raccontò infatti ai vertici Fincantieri di “essere da circa un anno sottoposto, da parte del Vollono, a gravi violenze che lo avevano costretto ad assumere personale per evitare il blocco dell’azienda causato da ‘agitazioni’ pilotate, finalizzate alla paralisi”. Importante, per lo sviluppo delle indagini, anche l’atteggiamento di collaborazione della stessa Fincantieri, che secondo Pennasilico “ha agito in modo lineare”, licenziando sei mesi fa, dopo un’indagine interna, tre operai finiti sotto inchiesta per lo stesso reato.

Le minacce colpivano pure i parenti delle vittime. “Mio figlio è arrivato sano e salvo a scuola?”, è solo una delle frasi intercettate dalla polizia per far partire il blitz 'anti-racket' all’intero indotto navale stabiese.


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Estorsioni a Fincantieri