Postmodernità e processi giuridici, elementi storico-psicologici del crimine, connivenza Stato-mafia. Tre aspetti per una visione unitaria della giustizia nella società del mezzogiorno. È ciò di cui si è parlato, ieri pomeriggio, in occasione del convegno organizzato dall’associazione In-Oltre, dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Torre Annunziata e dall’AIGA (Associazione Italiana Giovani Avvocati) sezione di Torre Annunziata. Lo scenario della Reggia di Quisisana a Castellammare di Stabia ha accompagnato l’intervento degli illustri ospiti chiamati ad approfondire, ciascuno secondo il proprio punto di vista, le tematiche metagiuridiche che rappresentavano il filo conduttore del convegno.

Francesco Giorgino, noto volto del TG1, presente sia in qualità di giornalista che di professore universitario (insegna presso le Università “Sapienza” e “Luiss” di Roma), ha posto l’accento sul ruolo che il diritto è chiamato ad ottemperare nella società postmoderna, sull’interazione tra media e giustizia, sulla travisata percezione del diritto delle sentenze. “Il diritto – si è chiesto Giorgino – è un mezzo o un fine? In una società, come quella postmoderna, in cui il modello individualista è prevalente e i diritti oscurano i doveri, è necessario un equilibrio tra potere mediatico, giudiziario e politico”.

Maurizio De Giovanni, affermato scrittore di romanzi gialli, in cui la molteplicità delle passioni che muovono criminali ed uomini di legge assumono grande ‘vis narrativa’, ha spiegato perché questa tipologia di letteratura riscuote grande successo nel pubblico. “I magistrati applicano le norme – ha esordito – ma non approfondiscono le ragioni profonde di un crimine. Quest’ultimo non si compie nel momento preciso dell’azione criminosa, bensì piuttosto nel momento in cui viene gettato il seme affinché si compia la stessa. Sono questi gli aspetti che la letteratura va ad approfondire e che soddisfano la sete di conoscenza del pubblico”.

Pino Aprile, giornalista e scrittore, ha ripercorso le varie menzogne, connesse al processo di unificazione nazionale, sulle quali si è fondata la cosiddetta “questione meridionale” e in conseguenza delle quali la giustizia al Sud è considerata una chimera. “La legge Pica del 1863 – ha spiegato – ha sancito un solco profondo per la giustizia in terra meridionale. È mai possibile – si è chiesto - che, con leggi ordinarie e non speciali, si è riusciti a limitare il terrorismo e, invece, non si riesce a farlo con la mafia? Falcone e Borsellino sono stati uccisi per questo: avevano scoperto che lo Stato è colluso con la mafia”.

A fungere da raccordo tra i vari interventi, spaccati di drammatizzazione eseguiti dai ragazzi del Teatro S. Anna di Boscotrecase, coordinati dal maestro Antonio Carotenuto, autore anche delle opere scultoree che adornavano lo scenario del convegno. A moderare l’evento gli avvocati Anna Brancaccio, vicepresidente dell’associazione In-Oltre, Antonino Raffone, consigliere dell’Ordine degli Avvocati di Torre Annunziata. Per i saluti e ulteriori spunti di riflessione, Gennaro Torrese, presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Torre Annunziata, Ernesto Aghina, presidente del Tribunale della città oplontina, e Pasquale Sergio, presidente di Aiga sezione Torre Annunziata.

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