Alla fine il vicolo cieco non l’ha imboccato. Nicola Cuomo, sindaco di Castellammare eletto nel 2013 dopo aver battuto al ballottaggio l’ex presidente della provincia di Napoli, Antonio Pentangelo, si è dimesso. Lo ha fatto in consiglio comunale, convocato per discutere del caso Terme di Stabia. Lo ha fatto dopo che la sua maggioranza era andata in frantumi. Lo ha fatto dopo aver incassato la scorsa settimana l’ok al bilancio, ma subito dopo aver visto la deflagrazione del suo partito, il Pd, che lo ha abbandonato.

In mezzo la sfiducia al segretario cittadino Cambri, che proprio Cuomo aveva voluto a capo del Pd cittadino, la porta in faccia sbattuta dall’ex assessore Corrado e l’addio dell’ex capogruppo Francesco Iovino, uomo di punta dei casilliani a Castellammare. Situazioni alle quali Cuomo, scompostamente, aveva risposto di fatto cacciando gli assesori Giusy Amato e Antonio Poziello (anch’essi vicini al potentissimo consigliere regionale del Pd Mario Casillo) che ha scatenato la rivolta.

L’opposizione aveva cercato la strada della raccolta firme per ottenere la sfiducia e mandare a casa l’amministrazione comunale: senza però mai raggiungere il numero di firme necessario. Numero che neanche il sindaco Cuomo ha per poter continuare a governare. Ora la legge gli consente di avere 20 giorni a disposizione per ritirare le dimissioni. Facile ipotizzare che, come veniva richiesto da molti consiglieri comunali, il sindaco azzeri deleghe e incarichi per poter ridiscutere con tutte le forze politiche: cercando, in questo modo, una maggioranza che gli consenta di portare a termine il mandato.

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