Terzigno. “Già nel 1989 denunciai gli interessi della camorra sostenuti dalla politica, lo sversamento di rifiuti tossici e nocivi nelle discariche di Terzigno ed Ercolano e l’assoluta inidoneità di Cava Sari e di Cava Vitiello”. E’ il durissimo racconto fatto ai giudici del Tribunale di Torre Annunziata dal professore di zoologia dell’Università “Federico II” di Napoli, Angelo Maria Genovese (56 anni, in foto), imputato per minacce a 3 poliziotti nel processo sulla rivolta popolare anti-rifiuti del 2010 tra Boscoreale e Terzigno: il pm della Procura della Repubblica oplontina, Marco Mansi, ne ha già chiesto l’assoluzione.

IL DOSSIER. Angelo Genovese ha affidato ad un maxi-dossier la sua verità sul presunto traffico illecito di rifiuti tossici: 45 pagine divise in 4 capitoli, piene zeppe di allegati, documenti e fotografie, da cui forse nascerà un docu-film sui “veleni”. Il tutto consegnato al Collegio della seconda Penale del Tribunale oplontino, anche per provare a "scagionare" i 20 attivisti del “Movimento anti-discarica Vesuviano”, che assieme al professore si scontrarono sulla “Panoramica” con le forze dell’ordine per dire "no" all’apertura di Cava Sari e di Cava Vitiello, nel bel mezzo del “Parco Nazionale del Vesuvio”.

Atti definiti dallo stesso Genovese come “di rifiuto al dialogo e di scorrettezza istituzionale. Alle 4:30 del 14 novembre 2008 venivamo svegliati da elicotteri che sorvolavano le nostre case e un centinaio tra militari, carabinieri e poliziotti. L’esercito recintava coi cavalli l’area della discarica. Grazie alle nostre lotte, nel 2009, il TAR Lazio decise la sospensione dei lavori e il 30 dicembre dello stesso anno la Conferenza dei Servizi bloccò l’approvazione della Valutazione di Impatto Ambientale per Cava Vitiello”. Subito dopo il Governo Berlusconi prorogò però al 2011 lo stato di emergenza (dichiarato chiuso appena 2 anni prima, ndr) e il Consiglio dei Ministri “dava parere favorevole per Cava Vitiello”, annullando di fatto il risultato della Conferenza di Servizi del 2009.

I RACCONTI DEL ‘PENTITO’. Il “casalese” Carmine Schiavone, storico pentito di camorra scomparso il 22 febbraio scorso, nel 1997 raccontò alla “Commissione Parlamentare d’Inchiesta sul Ciclo dei Rifiuti” che quelli “tossici interrati in Campania provenivano in larga parte dalla ‘Montedison’ di Massa Carrara”. “Sette anni prima di Schiavone – continua Genovese – con Lega Ambiente denunciai cave invase da fusti con scorie industriali e fanghi di origine ignota. Gli ambientalisti di Massa Carrara segnalavano che i camion che prelevavano le scorie della ‘Farmomplant’ (Gruppo Montedison) avevano targhe campane”. Racconti, però, mai raccolti da nessuna Procura. “Se ci avessero ascoltato, la Campania avrebbe risparmiato 24 anni di veleni. E se dopo la confessione di Schiavone lo Stato avesse risposto con la repressione gli anni senza veleno sarebbero stati almeno 16”.       

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Cava Sari, pm chiede assoluzione