Clan Gionta, droga per Calabria. Colpo di scena dal Riesame: “Non fu associazione”
Tra gli indagati torna libero il solo Sperandeo. Ma per i Giudici Valentino junior non riforniva piazza di Scalea
28-07-2015 | di Salvatore Piro
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Marijuana gestita ed acquistata per conto del clan Gionta, pronta ad alimentare le piazze di spaccio di Torre Annunziata, Scalea e Marcianise: arriva oggi, dalla dodicesima sezione del Tribunale del Riesame di Napoli (presidente Roberta Ianuario), il colpo di scena sull’ultima inchiesta antidroga coordinata dal pm della Dda partenopea Pierpaolo Filippelli. I Giudici ‘cancellano’, per cinque dei sette indagati, l’accusa di “associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico, aggravata dalle finalità mafiose”.
A tornare libero nella sua casa di via Bertone è però solo Gennaro Sperandeo, 24 anni, tra i più giovani del ‘gruppo’ finito in manette lo scorso 14 luglio, dopo il blitz all’alba dei Carabinieri di Torre Annunziata. Sperandeo, difeso dall’avvocato Luciano Bonzani, è infatti tra i pochi sott’inchiesta senza alcun residuo pena da scontare in cella.
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Valentino Gionta junior (23), figlio di Aldo il ‘boss-poeta’, resta invece al 41-bis, ma assistito dagli avvocati Roberto Cuomo e Nicolas Balzano è scagionato oggi dall’accusa di essere il ‘promotore dell’organizzazione’ che imbottiva di marijuana (in parte sequestrata) le piazze di Scalea e Marcianise, sfruttando stabili collegamenti con la ‘mala’ calabrese e del casertano. Resta in piedi, per l’ex reggente del clan di camorra oplontino, una singola ipotesi di spaccio contestatagli da ultimo dall’Antimafia: per questo, il Riesame ha imposto a Valentino junior l’obbligo di presentazione alla p.g.
A restare in cella sono pure Felice e Pasquale Savino, di 56 e 25 anni. I Giudici concedono loro i domiciliari, ma entrambi sono ancora dietro le sbarre per associazione di tipo mafioso (il primo anche per estorsione). Cancellata in toto dal Riesame l’ordinanza a carico del 32enne stabiese Amedeo Rosario Mas (anche lui, difeso dall’avvocato Roberto Cuomo, deve però scontare la condanna inflittagli dalla Cassazione a seguito del mega-blitz anti-camorra “Alta Marea” del 2008).
La mancanza di gravità indiziaria spedisce infine ai domiciliari Aristide Immola (34, difeso dall’avvocato Mauro Porcelli). L’uomo è accusato dall’Antimafia di estorsione ai danni del titolare di un negozio di abbigliamento a Torre Annunziata. Per la Dda si presentò infatti alla vittima nel 2012 “chiedendo un regalo di Natale ai carcerati”. Per il Riesame, invece, oggi le prove a suo carico sono scarse. Immola torna così a casa, nella sua abitazione di Tolentino nelle Marche.
In foto l’esterno di Palazzo Fienga, ex roccaforte del clan Gionta di Torre Annunziata
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