Clan Gionta, processo unico a donne Valentini: 'vittima' e sue 'carnefici' insieme in aula
Alla sbarra a gennaio e in abbreviato Carmela Gionta, Nunzia Caso, Gemma junior e Pasqualina Apuzzo
02-12-2015 | di Salvatore Piro
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Carmela Gionta, sorella del super boss Valentino, Annunziata Caso, Gemma junior e Pasqualina Apuzzo: quattro donne, cognome ‘pesante’, un marchio di fabbrica quasi impresso addosso e stesso destino. Saranno tutte insieme alla sbarra le donne dei ‘Valentini’. In un solo processo riunito a gennaio al Tribunale di Napoli. ‘Vittima’ e presunte ‘carnefici’ nella stessa aula, a giudizio dinanzi alla venticinquesima sezione gup. Un paradosso? No, la realtà.
L’epilogo di due inchieste parallele condotte la scorsa estate dalla dda di Napoli. Indagini tornate ora alla ribalta, dopo l’ultimo arresto di Gaetano Amoruso, il 23enne “uaglione” della cosca accusato dall’antimafia partenopea di reggere le redini di un clan allo sbando, coi suoi capi tutti in cella e i gregari fuori a litigare tra di loro.
IL PROCESSO. Associazione camorristica e usura le accuse cui dovrà rispondere ‘zia Carmela’, la 70enne insospettabile del clan (difesa dall’avvocato Salvatore Irlando) fermata il 21 luglio per due prestiti elargiti a imprenditori in crisi di Torre Annunziata: uno di 10mila, l’altro di 15mila euro. Il tasso d’interesse variava - per gli inquirenti - tra l'8 e il 10%. A processo insieme all’anziana sorella di Valentino senior, il fondatore della cosca di via Bertone, anche Annunziata Caso, Gemma Gionta e Pasqualina Apuzzo, moglie, figlia e suocera del ‘boss poeta’ Aldo, ora al 41-bis come il papà.
Nunzia, Gemma junior e ‘Lina’ (assistite dagli avvocati Roberto Cuomo, Maria Macera, Mario Covelli e Nicolas Balzano) dovranno difendersi dall’accusa del tentato omicidio in concorso proprio di ‘zia Carmela’, ferita in casa propria a Largo Grazie il 18 luglio e con una coltellata sferratale al volto. Per i pm fu un vero e proprio ‘raid’ punitivo, organizzato dalle nuove leve in gonnella dei Gionta per riscrivere la storia e scardinare la ‘leadership’ di donna Carmela nel settore delle estorsioni.
Centrale, per gli inquirenti, la figura di Annunziata Caso, la moglie di Aldo Gionta. Donna descritta dal gip di Napoli, Antonella Terzi, come piena di “autorevolezza e di prestigio” all’interno del clan, in netta ascesa dunque, anche “esorbitando dalle stesse intenzioni del marito”, del quale trasmetteva all’esterno, così nell’ordinanza dell'11 agosto scorso, gli ordini impartiti dal carcere di Opera agli affiliati torresi in libertà.
COMUNE PARTE CIVILE. ‘Vittima’ e sue ‘carnefici’ assieme, alla sbarra nello stesso processo che si celebrerà in abbreviato: questa la strategia scelta dagli avvocati delle quattro donne del clan, in risposta alla richiesta di giudizio immediato avanzata dalla pubblica accusa. Il Comune di Torre Annunziata, come già annunciato in un comunicato stampa del 5 novembre 2015, si costituirà parte civile. “Una decisione dovuta e naturale – per il sindaco Giosuè Starita – perché è a causa delle attività camorristiche dei Gionta che la città non riesce a scrollarsi di dosso l’immagine di una terra in cui la malavita la fa da padrona. Pezzo per pezzo sono state eliminate le loro roccaforti (Palazzo Fienga, l’ex covo della cosca sgomberato a gennaio), bloccate le loro attività e grazie al lavoro delle forze dell’ordine e della Procura decimati i loro comandanti. Il cammino è ancora lungo, ma passa anche per atti come questo”.
In foto da sinistra Gemma Gionta - Annunziata Caso - Pasqualina Apuzzo
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