Ci sono anche due politici. Decapitato il clan Moccia. I carabinieri del Ros, al termine di indagini coordinate dalla Procura di Napoli, hanno notificato 57 misure cautelari (36 arresti in carcere, 16 arresti ai domiciliari e 5 divieti temporanei di esercitare attività d'impresa) emessi dal gip lo scorso 9 aprile nei confronti di altrettanti indagati ai quali gli inquirenti contestano, a vario titolo, l'associazione mafiosa, estorsione, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, autoriciclaggio, fittizia intestazione di beni, corruzione, porto e detenzione illegale di armi da fuoco, ricettazione, favoreggiamento, reati aggravati dalla finalità di agevolare il clan Moccia.

Contestualmente il Gico della Guardia di Finanza ha notificato altri due divieti temporanei di esercitare attività d'impresa e sequestrato, d'urgenza, beni mobili, immobili e quote societarie per un valore complessivo pari a 150 milioni di euro. C'è anche il barese Pasquale Finocchio tra le persone arrestate nell'ambito del maxi blitz dei carabinieri del Ros e del Gico della Guardia di Finanza di Napoli contro il clan camorristico Di Moccia.

Finocchio è agli arresti domiciliari con l'accusa di traffico di influenze illecite. La vicenda che gli viene contestata dalla Dda di Napoli risale al 2017, quando Finocchio era vicepresidente del Consiglio comunale di Bari, eletto con il centrodestra. A quanto si apprende, la contestazione riguarda un presunto ruolo da mediatore tra imprenditori, che Finocchio avrebbe avuto approfittando del suo ruolo politico-istituzionale. L'indagato, assistito dall'avvocato Roberto Eustachio Sisto, "si professa assolutamente estraneo alle accuse - fa sapere il legale contattato dall'ANSA - e chiarirà con la massima serenità ogni aspetto della vicenda al più presto nel corso dell'interrogatorio".

Anche Andrea Guido, consigliere comunale di Lecce, è stato posto agli arresti domiciliari. Secondo quanto si è appreso nel capoluogo salentino, Guido (attualmente consigliere comunale dell'opposizione di centrodestra) è stato arrestato per corruzione per fatti risalenti al 2017 quando ricopriva il ruolo di assessore all'ambiente della Giunta comunale guidata dall'allora sindaco Paolo Perrone.

L'indagine ha consentito di acquisire gravi indizi circa l'esistenza e l'operatività dell'organizzazione mafiosa, strutturata verticisticamente e organizzata su diversi livelli di comando e di competenza territoriale, della quale sono ritenuti capi i fratelli Angelo, Luigi e Antonio Moccia e il loro cognato Filippo Iazzetta, i quali, anche in stato detentivo e sebbene i citati Angelo e Luigi si fossero da tempo trasferiti nella città di Roma, avrebbero veicolato ordini agli affiliati, a vario livello a loro subordinati, anche promuovendo all'occorrenza specifici reati fine, consumati sia dai vari sottogruppi territoriali costituenti l'ala militare dell'organizzazione, sia da imprenditori attivi nel settore del recupero degli olii esausti di origine animale/vegetale di tipo alimentare e degli scarti di macellazione, nonché nei grandi appalti ferroviari e dell'alta velocità, cui avrebbero impartito direttive e fornito ingenti provviste derivanti dall'accumulazione illecita, nel tempo, di ingenti capitali. 

 


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