“Dopo 37 anni Giancarlo continua a parlare tra noi”. A parlare è Gianmario Siani, nipote del giornalista de “Il Mattino” ucciso dalla camorra il 23 settembre del 1985. Oggi suo zio avrebbe compiuto 63 anni, ma la sua presenza e i suoi articoli ‘profumano ancora di vivo’. Gianmario Siani oggi svolge il ruolo di avvocato ed è anche il presidente dell’associazione intitolata a suo zio. Il figlio di Paolo, deputato del Pd intervenuto a Torre Annunziata nel giorno in cui il fratello ricevette la cittadinanza onoraria, ha parlato a Lostrillone.tv del suo pensiero su Giancarlo.

Che ricordo le hanno tramandato di suo zio Giancarlo?

“Il ricordo che mi hanno tramandato di Giancarlo è quello di un ragazzo normale che, come tutti i ragazzi di 26 anni, era innamorato della vita. Amava la musica, era tifoso del Napoli, aveva i suoi amori e i suoi amici, allenava una squadra di pallavolo. E poi c’era la sua grande passione per il giornalismo. Giancarlo era un bravo giornalista. Lo era, non solo perché ha scritto in 5 anni più di 600 tra articoli e inchieste, ma perché nei suoi articoli informava davvero il lettore. C’era sempre uno studio approfondito del problema doveva raccontare, non erano mai banali i suoi articoli. Macinava chilometri con la sua Mehari verde per raccontare la verità”.

Ha mai pensato di seguire la sua strada come giornalista prima di diventare avvocato?
“Non ho mai pensato realmente di fare il giornalista, ho sempre immaginato di fare legge. L’indecisione era tra giurisprudenza e medicina, ma ha prevalso la prima. Mi sono iscritto all’Università con l’idea di provare il concorso in magistratura ma, una volta entrato in Tribunale, ho capito che mi piaceva di più il ruolo dell’avvocato. Accanto agli ultimi”. 

Lei ha avuto modo di conoscere Torre Annunziata avendo preso parte, come legale,a due tragedie che hanno segnato la città come quelle del crollo di Rampa Nunziante e dell’omicidio Cerrato (ancora in corso). Che idea si è fatto del luogo di cui parlava suo zio nei suoi articoli?

“Oltre alle vicende che ha citato, purtroppo ve ne sono tante altre che in questi anni hanno affollato le cronache giudiziarie di Torre Annunziata. Se da un lato Torre Annunziata sembra ancora quella che 37 anni fa raccontava Giancarlo dobbiamo anche sottolineare che in questi anni ci sono state tante persone che si sono ribellate a questo status delle cose e hanno provato, rimboccandosi le maniche, a cambiarle. Giancarlo parlava di disoccupazione, di deindustrializzazione, di droga, racket, ma anche di ragazzi che si organizzavano in associazioni per ribellarsi a tutti questi problemi. Nel bene e nel male possiamo dire che sono ancora presenti sia i problemi che la voglia di combatterli”.

Infine, che giornalista sarebbe oggi suo zio e che insegnamento le ha dato?
“A questa domanda purtroppo non posso rispondere. Non possiamo sapere cosa sarebbe successo se non avessero ucciso Giancarlo.  Quello che posso dirle però è che 37 anni dopo la sua tragica morte, Giancarlo continua a parlare e noi ostinatamente continueremo a raccontare la sua storia, la storia di un giovane e bravo giornalista che faceva solo il suo mestiere”. 


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