Una persona guarita, 6 vittime e 222 positivi, di cui 101 ricoverati con sintomi nei reparti ordinari degli ospedali, 27 nei reparti di terapia intensiva e 94 in isolamento domiciliare.

Quando Angelo Borrelli, allora capo della Protezione Civile, scese nella sala stampa della sede del Dipartimento di via Vitorchiano a Roma per leggere questi numeri, l'epidemia di Covid era esplosa in Italia da 4 giorni: il 20 febbraio all'ospedale di Codogno era risultato positivo il 39enne Mattia Maestri.

Quel 24 febbraio, per la prima volta, ai giornalisti fu distribuito un foglio exel con numeri e colori. "Casi da inizio eme (emergenza, ndr) fino al 24/02/2020 ore 17" era l'intestazione. E a seguire i dati della diffusione del Covid in Italia: in giallo i casi, in verde i guariti e in rosso le vittime.

Da allora ne sono seguiti quasi mille: "Quel bollettino - dice oggi Angelo Borrelli - era lo strumento che avevamo in quel momento per parlare al Paese. Ai cittadini dovevamo spiegare le cose e abbiamo deciso di farlo con una sorta di 'mattinale' in cui in maniera trasparente si diceva cosa accadeva e costa stavano facendo sanità e ospedali".

La lettura dei dati, in diritta tv, divenne un appuntamento giornaliero, sabato e domenica compresi. Ma il bollettino era solo una parte di quell'appuntamento.

"Quell'incontro con la stampa - ricorda ancora l'ex capo della Protezione Civile - era uno strumento fondamentale per dare la dimensione dello sviluppo della pandemia e delle misure messe in campo per affrontarla. Ed infatti, ogni giorno, accanto a me c'erano scienziati ed esperti che cercavano di fugare dubbi e rispondere alle tante domande dei cittadini".

Borrelli, un anno dopo quel 24 febbraio, lasciò la guida della Protezione Civile. "E' stato un periodo difficile. E quel bollettino - ripete - è stato lo strumento per parlare alla gente e cercare di spiegare tutto quel che sapevamo".

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