Aggiornamento notizia del 27 febbraio 2019

La redazione e la direzione de “Lostrillone.tv” precisano che il dott. Nicola Coccia, con sentenza pronunciata dal Tribunale di Torre Annunziata nel corso dell’udienza del 7 gennaio 2016, a definizione del procedimento n. 10528/12 R.G.N.R., è stato assolto “per insussistenza del fatto” dall’accusa di concorso nel reato di bancarotta patrimoniale fraudolenta. Rispetto all’altra accusa di concorso nel reato di false comunicazioni sociali è maturata la prescrizione di legge.

 

Torre del Greco. “Le obbligazioni della ‘Dimaiolines’ erano nulle, documenti mai esistiti. La società non emise un atto pubblico per raccogliere il risparmio. Su 44 milioni di euro rastrellati sul mercato solo 21, fino al 2010, furono iscritti in bilancio come finanziamento soci. Gli altri 23 hanno preso una diversa direzione, ma i sindaci non potevano sapere”. In Tribunale a Torre Annunziata, nel processo stralcio sul crac da 40 milioni della compagnia armatoriale di viale dei Pini (la prima fallita nella città del corallo, ndr), è il giorno del consulente di parte Roberto Spada, noto commercialista milanese.

Spada spiega oggi ai giudici della seconda sezione penale (presidente Antonio Pepe) perché l’ex presidente di Confitarma, Nicola Coccia, alla sbarra per concorso in bancarotta fraudolenta, nonostante fosse a capo del collegio sindacale della collegata ‘DiMaio&Partners’, fino al 6 dicembre 2006, non era “in grado di controllare conti, debiti e bilanci” della società di navigazione poi finita gambe all’aria. I cugini Carlo, Angela e Angelo Di Maio hanno patteggiato condanne da quattro anni e otto mesi a tre anni e sei mesi. Sono invece 400 i risparmiatori che hanno visto andare in fumo i soldi di una vita: ora ammessi al passivo del fallimento ‘Dimaiolines’ per soli 16 milioni di euro.

Nicola Coccia, amministratore anche della società di servizi ‘Coccia&Partners’ – che secondo il perito della difesa “fatturava 800mila euro l’anno, ma alla ‘Dimaiolines’ forniva consulenze solo per 20mila euro” – non era un “detective. Dunque – continua in Tribunale - non aveva gli strumenti per sapere che quei soldi erano in realtà versati su un conto corrente dei signori Di Maio, con una contabilità parallela tenuta nascosta su un altro pc e in maniera dolosa”.

Soldi, per l’accusa, raccolti a fronte di obbligazioni emesse a nome della società, con tassi d’interesse esorbitanti. “Tra l’8 ed il 10 per cento l’anno – precisa oggi il commercialista di Milano - . In quel periodo il tasso massimo era del 2,5”. La versione del perito non convince tuttavia il pm della Procura della Repubblica Sergio Raimondi, già in prima linea nelle indagini sullo scandalo ‘Deiulemar’.

Al titolare dell'inchiesta sembra quantomeno “strano che il presidente di un collegio sindacale non vada a fondo su un armatore (Carlo Di Maio, ndr) che dichiarava redditi inferiori a quelli dei dipendenti”. Un fitto intreccio tra “finanza allegra” ed “omessi controlli”, che negli anni ha distrutto la miniera d’oro del comparto marittimo di Torre del Greco. Settore scosso, appena ieri, dal maxi-sequestro da 28,7 milioni di euro, ordinato dalla Procura oplontina, nei confronti degli armatori Giuseppe Mauro Rizzo e Michele Bottiglieri.     

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