Più di 1000 km per fuggire dalle bombe. Un calvario senza fine quello di Maryna Tonkonog e di suo figlio Andrea di poco più di 3 anni. Erano andati a Pereyaslav per festeggiare il compleanno della nonna del piccolo, ma sono rimasti bloccati a causa dell’inizio dei bombardamenti della Russia.

Solo dopo svariati giorni di viaggio il ricongiungimento con papà Mario. Partito da Torre Annunziata ha raggiunto la sua amata famiglia, che ha potuto riabbracciare solo al termine di una infinta attesa a Cracovia, in Polonia. Ora sono tutti nella loro abitazione in via Gino Alfani, ma la concitazione di quei momenti è ancora viva nella mente di tutti. Purtroppo anche di Andrea.

Maryna, 35 anni, è ormai italiana di adozione. Giunta a Torre Annunziata grazie a una borsa di studio nel ’96, è poi tornata per studiare. Grazie al suo impegno è dottore di Ricerca (Phd) in Diritto Internazionale e Diritto dell’Unione Europea ed è praticante avvocato. E’ lei a voler raccontare quelle drammatiche ore.

Com’è cominciato il vostro incubo in Ucraina?

“Avevo il compleanno di mia madre per il 25 febbraio. Arrivo la sera tardi con la speranza di festeggiare e come regalo portarli un po’ qui, vista la tensione che c’era. Sono arrivata alle 21, ma alle 4 del giorno dopo hanno iniziato a bombardare le città principali. Non ci siamo potuti muovere perché i miei genitori vivono vicino Kiev, ma fuori rispetto alle traiettorie dell’avanzamento dell’esercito russo. In realtà, però, eravamo circondati. Ed è così passata una settimana. Per andare via abbiamo affrontato posti di blocco e coprifuoco e siamo sempre, per fortuna, stati ospitati lungo il nostro percorso. Abbiamo dovuto allungare di 300 km per attraversare il Dnipro e ci sono voluti tre giorni per arrivare al confine con la Polonia dove c’era mio marito Mario ad attenderci”.

Come sono state le comunicazioni con l’esterno?

“Abbiamo avvisato l’Unità di Crisi della Farnesina perché Andrea è cittadino italiano. Ci sentivamo e l’unica risposta era di non muoverci. Successivamente, quando ero già in Polonia, ci hanno chiesto come stavamo e dove eravamo. Poi dopo avergli spiegato il nostro calvario, ci hanno detto che abbiamo fatto bene perché non potevano aiutarci”.

Quali sono stati i momenti più emblematici?

 “Dov’eravamo noi non abbiamo vissuto le battaglie come si vedono in Tv. Solo allerte e le corse al rifugio, dove trascorrevamo un paio d’ore assieme ai nostri vicini per capire la situazione. Il ricordo è quello di sentire un aereo, che poi era un caccia russo. Un altro avvenimento brutto è stato quando, dopo aver visto vari avvisi dell’esercito ucraino di dove venivano sganciate le bombe, ho notato che erano luoghi vicino a dove vivevamo”

Come sta suo figlio Andrea dopo tutto questo spavento?

“Tuttora, quando andiamo a casa dei nostri amici, non si vuole togliere il giubbino e diche che non vuole rimanere a dormire Non so come ne uscirà da questa storia. Nonostante avesse avuto l’accoglienza dagli amici di mio fratello e dai miei genitori, non riesce ancora a spiegarsi e a capire tutta questa situazione”.

Ora è a Torre Annunziata. Qual è il suo impegno per il popolo ucraino?

“Frequento poco la città. Piuttosto cerco di aiutare chi ha bisogno o chi vuole fuggire dall’Ucraina. Ho un’associazione (la "Fratello Sole ONLUS" ndr) con la quale sto coordinando gli aiuti. Ce la stiamo mettendo tutta per aiutare chi è arrivato o vuole arrivare. La gente è spiazzata perché non sanno se potranno mai tornare nelle loro case. C’è molta disinformazione e non sanno cosa fare”.

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