Resta in carcere ma viene esclusa l'aggravante di aver agevolato un clan mafioso per Mario Moxedano, presidente della Neapolis Mugnano, coinvolto nell'inchiesta della procura di Catanzaro sul calcioscommesse.

Il gip del Tribunale di Napoli non ha convalidato oggi il fermo, non ravvisando il pericolo di fuga, ma ha emesso una ordinanza di custodia in carcere. Accogliendo una richiesta dei suoi legali, avvocati Luigi Senese e Saverio Senese, il gip non ha ravvisato gli elementi che hanno portato gli inquirenti calabresi a contestare l'art. 7, ovvero l'aggravante relativa ai presunti legami con una cosca della 'ndrangheta, il clan Iannazzo. Ieri il gip aveva disposto la scarcerazione del figlio, Raffaele Moxedano, calciatore e capitano del Neapolis, ritenendo non sussistenti i gravi indizi di colpevolezza. I familiari di Moxedano, in un comunicato diffuso in serata, ''segnalano preoccupati che appare davvero eccessivo il ricorso alla carcerazione cautelare in un Paese nel quale la carcerazione preventiva dovrebbe, per legge, essere adottata solo nei casi estremi''.

''C'è da chiedersi perché - si legge nella nota - Mario Moxedano, imprenditore incensurato, sia stato privato della libertà personale per difendersi dalle accuse che gli sono state mosse nel decreto di fermo, invece di essere convocato, da libero, dai magistrati inquirenti, per fornire tutti i chiarimenti che è stato, viceversa, costretto a fornire in sede di convalida''. 

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