Torre Annunziata. "Volevo rifarmi una vita con la mia famiglia. Adesso, solo perchè non parlo bene in italiano, rischio un'altra condanna. E per una cosa che non ho mai fatto. Io non ho armi". Ha provato così a difendersi in tribunale Domenico Tamarisco, ritenuto dalla Dda di Napoli uno dei boss dei Tamarisco-Nardiello, la famiglia di narcos di Torre Annunziata che, dalla propria villa nel rione Poverelli, avrebbe gestito il traffico internazionale di droga con il sud America e la Spagna. 

Ieri mattina, il ras, finito a processo con l'accusa detenzione illegale di armi, ha fornito la sua versione dei fatti ai giudici. Durante le intercettazioni, attivate dai finanzieri del Gico nel corso dell'inchiesta sul traffico di droga, sarebbe emerso che il neo-scarcerato “Mimmo” avrebbe chiesto armi per compiere un presunto un agguato. Tornato in libertà il 6 aprile 2016, Tamarisco finì in manette tre settimane dopo, al termine di uno spettacolare blitz delle forze dell'ordine. Contro "Mimmo" Tamarisco fu eseguito un decreto di fermo emesso dal pm della Dda partenopea.

Detenzione di armi, l'accusa per il presunto ras dei Tamarisco. In meno di una settimana, però, Domenico 'nardiello' era finito sotto intercettazione dei finanzieri, che stavano concludendo le indagini sul traffico internazionale di 'coca' dal sud America. A capo della ipotizzata holding, suo fratello Bernardo, il boss in carrozzella, relegato poi agli arresti domiciliari. Domenico Tamarisco, difeso dai legali Giuseppe Annunziata e Pasquale Striano, per l'Antimafia avrebbe provato ad organizzare un omicidio subito dopo la sua scarcerazione.

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