“Subito capimmo che la casa di Ferdinando Cirillo, in via Tre Ponti, era meta di pellegrinaggio, un via vai di persone, una specie di ufficio di collocamento. Lì, si tenevano le riunioni per il traffico di armi da guerra e di cocaina”. A parlare dinanzi al collegio della prima sezione penale del Tribunale di Torre Annunziata (presidente Antonio Pepe), è il maggiore Gabriele Mambor, Comandante del Ros di Salerno, che ha condotto in tre lunghi anni, fatti di intercettazioni e di microspie piazzate qua e là, in campagna tra Pompei e Scafati, la maxi-inchiesta “Meccanico”.

Indagine nata nel 2011 “alla ricerca di Francesco Matrone, latitante di Scafati, nella lista dei trenta ricercati italiani” e che poi ha consentito all’Antimafia di ipotizzare a carico di 27 persone, ritenute affiliate al clan Gallo-Limelli-Vangone, una sfilza di reati commessi tra Pompei e l’agro-nocerino-sarnese. Dall’associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga (soprattutto cocaina importata dalla Spagna), alla detenzione ed al commercio di armi da guerra (kalashnikov modello Ak 47), fino ad un giro di estorsioni ai danni di ristoranti della città mariana.

Al centro dell’inchiesta la casa rurale di Ferdinando Cirillo, per tutti “Nando o’ Battilamiero”. Furono le telecamere piazzate a pochi metri dalla sua “officina” in via tre Ponti, “anche perché Cirillo non amava il cellulare”, la versione in aula del Comandante dei Ros, a svelare quelle “riunioni serali, dove si parlava di droga e dell’imposizione di macchinette video-poker ai bar di Scafati”.

La sentenza del Gup di Napoli Valerio Natale, il 17 ottobre scorso, ha però assolto dal reato associativo i 24 imputati che avevano scelto la strada dell’abbreviato (tra i quali il boss Giovanni Vangone, Giovan Battista Ametrano e “Nando o’ Battilamiero”, appunto).

Restano così da discutere, in ordinario a Torre Annunziata, solo tre posizioni. Quelle di Antonio Manzo (difeso dall’avvocato Luigi Senatore) e Vincenzo Staffetta (assistito da Francesco Matrone): per entrambi l’accusa è di partecipazione all’associazione finalizzata al traffico di droga. Imputato nel processo gemello è pure Vincenzo Arcamone, al quale invece il pm della Dda, Pierpaolo Filippelli, contesta la ricettazione di un carico d’olio rubato in Spagna.

Alla prossima udienza, in estate, i difensori depositeranno in dibattimento quella sentenza che a Napoli, in autunno, ha già escluso l’esistenza dell’associazione a carico di 24 imputati. Una mossa, forse decisiva, per salvare dall’accusa anche Manzo e Staffetta.  

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