Era la sera del 20 febbraio 2020 e all'ospedale di Codogno l'Italia scopriva il primo caso di Covid in quel giovane uomo di 38 anni, Mattia Maestri, che poi venne chiamato da tutti il 'Paziente 1'.

Sono passati due anni dall'esito di quel tampone che scoprì il primo positivo in Italia cambiando le sorti non solo di Codogno, comune della bassa lodigiana che divenne la prima zona rossa del Paese, ma di tutta l'Italia. A scoprire il 'Paziente 1' è stata, grazie al suo intuito, una dottoressa che lavorava come anestesista all'ospedale di Codogno, Annalisa Malara, che quel giorno decise di forzare il protocollo che prescriveva a chi fare i test per il Covid e di sottoporre al tampone quel 38enne sano e sportivo che era devastato da una polmonite. Il tampone rivelò la positività dell'uomo al Sars-CoV-2.

Dopo il tampone positivo in poche ore è stato evacuato il pronto soccorso dell'ospedale e il 23 febbraio è scattata la prima zona rossa d'Italia a Codogno e in altri dieci Comuni limitrofi, con l'arrivo dei militari che hanno iniziato a presidiare i confini dei paesi, mentre ai cittadini è stato raccomandato di rimanere nelle loro abitazioni e di non avere contatti con nessuno. Le strade deserte di Codogno, la Wuhan italiana, con le serrande abbassate dei negozi e il senso di paura tra le persone e gli stessi sanitari, che non conoscevano questo virus così devastante, hanno fatto il giro del mondo. In poco tempo tutta l'Italia sarebbe diventata una grande zona rossa con l'inizio del lockdown.

Dopo due anni e grazie ai vaccini la vita sembra tornare quasi alla normalità.

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