TORRE ANNUNZIATA. Duplice omicidio Scognamiglio: 29 anni di carcere al presunto ras in erba Andrea Gallo, il fratellino di Giuseppe ‘o pazzo, il super narcos finto schizofrenico e dai ‘ricatti’ colombiani del clan Gallo-Limelli-Vangone. Questa la sentenza emessa ieri, ai danni del baby-killer, dai giudici della IV sezione della Corte d’Assise di Napoli. Esclusa l’aggravante della premeditazione, Andrea Gallo, 24 anni, unico imputato per il delitto in cui persero la vita i fratelli Giovanni e Roberto Scognamiglio, freddati da diversi colpi di calibro 9 esplosi all’interno della loro villetta di via Andolfi, ha così evitato la condanna all’ergastolo. 

L’OMICIDIO. Secondo il pm della Dda partenopea, Claudio Siragusa, gli Scognamiglio nella notte tra il 30 e il 31 maggio 2014 furono ammazzati per una “partita di droga mai pagata” al clan del Vesuviano. L’omicidio si consumò dopo una lite per questioni di denaro, sfociata in un conflitto a fuoco nel quale lo stesso Andrea Gallo, tuttora detenuto a differenza dei suoi 2 ‘guardiaspalle’, ma già assolto in primo grado dall’accusa di associazione mafiosa, rimase ferito all’addome. Ad incolpare per la prima volta il killer fu un pentito di camorra, lo stabiese Luigi Cosma.

Il vero obiettivo del raid – secondo i giudici – era Giovanni Scognamiglio. Andrea Gallo bussò alla porta della vittima. Giovanni Scognamiglio lo fece entrare. Poi l’inizio di una discussione, conclusa con una violenta raffica di colpi di pistola. Il fratellino del boss finto pazzo esplose l’intero caricatore. Così Roberto Scognamiglio, per difendere suo fratello, avrebbe risposto al fuoco, ferendo a sua volta il baby-killer.

LE MINACCE. Un giovane (Andrea Gallo, appunto) proprio quella notte e ancora agonizzante fu ‘scaricato’ da due complici all’esterno dell’ospedale di Boscotrecase. Operato d’urgenza, il 24enne finì prima in coma farmacologico al ‘Loreto Mare’, poi in cella a Secondigliano. Il proiettile che quasi lo uccise non fu mai ritrovato. Secondo la ricostruzione dell’Antimafia fu sua sorella Michela (36 anni) a fare presunte pressioni sui medici per far sparire una prova schiacciante.

Michela Gallo venne arrestata per minacce. Il Tribunale del Riesame, poco tempo dopo l’agguato, la scarcerò per difetto di gravità indiziaria. A confermare al processo le presunte minacce subite, soltanto uno dei 6 sanitari che nella notte tra il 30 e il 31 maggio 2014 soccorsero il killer degli Scognamiglio. Gli altri cinque - due medici e tre infermieri in servizio all’ospedale ‘S. Anna’- chiamati a testimoniare dinanzi ai giudici negarono invece l’accaduto. 

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