E' morto oggi, a 72 anni nella sua casa nel Lazio, Carmine Schiavone, l'ex boss dei Casalesi che iniziò a collaborare con la giustizia nel 1993. Il decesso di Schiavone, uscito da tempo dal programma di protezione per i pentiti, parrebbe essere un infarto. Malore che ha colto l'ex boss qualche giorno dopo una brutta caduta dal tetto della sua abitazione. Caduta costatagli poi il ricovero in ospedale.

Determinante il contributo fornito da Schiavone con le sue dichiarazioni da pentito. Testimonianze che aiutarono gli inquirenti a mettere a segno uno storico scacco al sanguinario clan con 136 arresti in un colpo solo. Da quel blitz nacque il famoso processo "Spartacus", al termine del quale furono poi condannati Francesco Schiavone, alias "Sandokan", cugino di Carmine, Michele Zagaria e Francesco Bidognetti. In pratica, tutti i vertici dei Casalesi. Uscito dal programma di protezione, Carmine Schiavone si era ritirato con la famiglia nella Tuscia laziale, dove oggi è morto.

A destare sconcerto anche altre dichiarazioni del boss pentito. Come quelle rilasciate nel 1997 sull'affare rifiuti in provincia di Caserta. Un business da "600-700 milioni di lire al mese", gestito, secondo Carmine Schiavone, congiuntamente da mafia, Sacra Corona Unita e 'ndrangheta calabrese. Un racconto raccapricciante, poi confermato dallo stesso Schiavone alla Commisione ecomafie meno di due anni fa.

Data la mole di rifiuti tossici, seppellita sotto terreni agricoli, "gli abitanti di comuni come Casapenna e Casal di Principe avranno al massimo venti anni di vita". Questa la terribile ed ultima "verità" del boss pentito morto oggi.

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