“Lo stato non può determinare tra i familiari delle vittime questo sentimento assurdo: beato te che sei stato ucciso dalle mafie perché tu ottieni dei diritti, io, che sono stato ucciso da coloro che grazie alle mafie possono uccidere, non ottengo nulla”. È l’appello che ha lanciato don Tonino Palmese al Ministro Andrea Orlando: equiparare le vittime di tutte le violenze, così come prevede la proposta di legge del 16 aprile 2014. “Per cortesia la recuperi e ci faccia sapere. Per favore”.

Le parole di don Palmese non sono dette a caso. Le pronuncia guardando gli occhi lucidi di Carmela Sermino, la giovane vedova di Giuseppe Veropalumbo, lasciata sola dalle istituzioni e da uno Stato che non la riconosce familiare di vittima di violenza. Non perché non lo sia. Semplicemente perché non esiste una legge che tuteli le vittime di violenza, eccetto per quelle delle mafie.

LA PROPOSTA DI LEGGE 16 APRILE 2014. ‘Disposizioni in materia di indennizzo alle vittime di reati intenzionali violenti e istituzione di un fondo di solidarietà’. Il titolo della proposta di legge sintetizza il vuoto normativo che hanno di fronte i familiari che perdono un proprio caro per una mano ignota. Esattamente com’è successo a Peppe quella maledetta sera del 31 dicembre 2007. Da quel giorno nessuno ha saputo aiutare la sua famiglia, sua figlia e sua moglie, lasciate sole perché ‘Peppe è stato ucciso da una mano ignota’. L’articolo 2 sembra fatto apposta per loro, è fatto apposta per i ‘familiari delle vittime dei reati intenzionali violenti’.

Le legge però sta ancora in un cassetto del parlamento, in attesa di discussione ed approvazione.

La preghiera laica di don Tonino Palmese, che è riecheggiata a Palazzo Criscuolo nel giorno del trentennale della morte di Giancarlo Siani, dovrebbe essere propria delle istituzioni di Torre Annunziata e di tutti i cittadini.

Signor Ministro, “per cortesia la recuperi e ci faccia sapere. Per favore”.

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