Sport, cultura del diverso ed inclusione sociale: sono stati questi i temi trattati nella conferenza stampa "Associazionismo sportivo inclusivo - Dal paralimpismo all’olimpismo" tenutasi nella giornata di ieri al Centro Riabilitativo “Piccolo Cottolengo di don Orione” di Ercolano. 
La struttura, da sempre impegnata nella riabilitazione di individui affetti da disabilità, ha deciso di sfruttare il potere terapeutico della pratica sportiva, utilizzandola come strumento di coesione sociale e di crescita collettiva al fine di abbattere ogni ostacolo verso la completa integrazione degli individui affetti da disabilità. 
In linea con questi princìpi nel 2002 viene fondata l'Asd A.S.C.O., diretta emanazione del centro Don Orione, che si propone come punto di riferimento per tutti gli atleti, normodotati e non, della città di Ercolano e della zona limitrofa e come istmo tra realtà olimpionica e paralimpica.
"L'A.S.C.O. nasce dall'esigenza di estendere la pratica sportiva ai ragazzi disabili ed esprimere i loro talenti - dichiara il presidente Francesco Ambrosio - "Vogliamo fare in modo che questa differenza, questo gap [tra atleti con disabilità e atleti normodotati] sia visibile il meno possibile".
Hanno preso parte all'incontro, oltre a dirigenti sportivi, scolastici ed amministratori pubblici, anche alcune eccellenze dell'atletica leggera italiana: Diego Perez, allenatore della Nazionale Italiana di Atletica Leggera, e Teodorico Caporaso, medaglia d'oro nei 50 km di marcia nonché atleta olimpico e neotesserato dell'A.S.C.O. I due sportivi, in presenza della scuderia di ori paralimpici che vanta il centro Don Orione, hanno illustrato i successi ottenuti durante il loro percorso come tesserati dell'associazione e gli impegni futuri, finalizzati inoltre alla rivalutazione sportivo-territoriale campana. 
Presente alla conferenza anche Don Alberto Alfarano, direttore dei centri Don Orione in Campania, che non manca di esprimere il proprio compiacimento per i risultati ottenuti: "Riabilitazione significa inserire in un progetto di vita, e lo sport aiuta a crescere e maturare in quella cultura di integrazione tra mondo "normale" e mondo della disabilità. Qui abbiamo dei frutti veramente belli e questo ci riempie anche di orgoglio".

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