Ventiquattro ore di ordinaria follia hanno travolto e stravolto  la città degli scavi, che la scorsa mattina si è svegliata con la notizia che un avviso di proroga dell’attività investigativa- su richiesta avanzata dai Pm della Procura di Napoli, Carrano e Brunetti- in relazione alle presunte incongruenze emerse dall’analisi degli atti relativi agli appalti per l’edificazione della nuova caserma dei carabinieri di via IV Novembre e per il restyling di corso Resina e Piazza Pugliano era stato notificato dai vigili urbani al sindaco Vincenzo Strazzullo, al suo vice Antonello Cozzolino, all’assessore ai lavori pubblici Salvatore Solaro, al presidente del consiglio comunale Rory Oliviero e ai consiglieri comunali Pasquale Romano e Raffaele Simeone. Con i politici locali sotto inchiesta sono finiti anche Manilo Bianconcini e Nicola Pisciotta, rispettivamente titolare della ditta che sta eseguendo i lavori e geometra dell’impresa. 

Tramortita dai colpi ricevuti la città  simbolo della lotta  alla criminalità e al malaffare,  è andata a dormire con la convinzione  che Antonio Liberti, ex assessore al bilancio,  attuale segretario cittadino  del partito democratico avesse conquistato la candidatura a sindaco, con la benedizione  del sindaco Strazzullo e il suo vice, Antonello Cozzolino pronti a fare un passo indietro, vedendo nell’ex assessore che si dimise poco dopo lo sforamento del patto di stabilità, una figura di garanzia per il partito che dall’inizio del 2015 ha avuto solo momenti neri, dallo scandalo tesseropoli al sindaco e sotto inchiesta. Mentre la città moderna volge  con rammarico lo sguardo alla città antica, cerca di capire come mai nella mirino della procura siano finiti gli atti relativi all’affidamento degli appalti finanziati con fondi europei, una parte dei famosi 60 milioni di euro ottenuti dall’ex amministrazione comunale guidata dal sindaco Nino Daniele nell’ambito dei progetti “Piu Europa”, l’appartamento del sindaco democratico si trasforma nella “Caporetto” del Pd con il primo cittadino pronto a sottoscrivere, con il suo vice, la candidatura di Liberti.  Un atto che dopo gli entusiasmi iniziali di amici e parenti che all’interno della sede democratica di via Giardini, pensano di aver orami la vittoria in tasca si trasforma nell’ennesima sconfitta, perché questa volta sulla loro strada incrociano il “figlioccio” di Renzi all’ombra del Vesuvio, Ciro Buonajuto, che “non obbedisce”. Il principe dei rottamatori ercolanese chiamra, per la quinta volta in poco più di un mese Venanzio Carpentieri, che nonostante il “polichese stretto” ha fatto intendere che questa “candidatura non sadda fare”. Questa mattina pare che la quiete dopo la tempesta sia giunta, ma in tanto il Vesuvio che domina Ercolano,  come direbbe Leopradi, guarda  “sorti magnifiche e progressive” di una città oggi non più splendente.

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La reazione

Avvisi di garanzia a sindaco e assessori