Estorsioni a raffica ai commercianti della zona sud di Torre Annunziata. Per anni hanno pagato in silenzio, alcuni per oltre un ventennio, pur di non subire le ritorsioni del clan Gionta.

All’indomani del blitz dei carabinieri che ha decimato lo storico clan della città e gli esponenti del Quarto Sistema, emergono nuovi particolari sulla “strategia del terrore” messa in campo dalla cosca dei “Valentini”. Il loro campo base era, com’è noto, Palazzo Fienga. Gli inquirenti lo hanno descritto come la “il municipio del clan”, riprendendo anche la definizione che diede il pm Pierpaolo Filippelli in occasione del suo addio dalla Procura di Torre Annunziata.

A capo del clan c’era sempre lui, Valentino Senior, da vent’anni al 41bis ma che comunque impartiva ordini e direttive attraverso sua figlia Teresa e il genero (marito di Teresa) Giuseppe Carpentieri. Accanto a loro c’è anche Alfredo Della Grotta. Tutti gli altri organizzavano i segmenti delle varie attività illecite.

Il “core business”, però, così come descritto nelle oltre 300 pagine di ordinanza, erano le estorsioni. Alcune venivano impartite direttamente dal carcere. In un’occasione, infatti, Alfredo Della Grotta, nonostante fosse detenuto, attraverso un cellulare abusivo ha provato a mettere sotto scacco un imprenditore di Torre Annunziata che gestiva una pescheria a Salerno. Diecimila euro al mese, questa la richiesta fatta al commerciante. Altri subivano richieste meno onerose, come una pasticceria di Torre Sud, che Salvatore Palumbo nel corso di un’intercettazione ha descritto come un’attività vittima del racket da oltre 20 anni. Gli inquirenti hanno documentato il pagamento di 1200 euro, in tre tranches a un mese di distanza l’una dall’altra. Soldi che dovevano essere reimpiegati per il mantenimento degli affiliati e dei detenuti. Più redditizio il pizzo richiesto a un’autoscuola, sempre nella zona sud di Torre Annunziata. Tremila euro al mese, chiesti direttamente da uno dei reggenti del clan, Giuseppe Carpentieri.

Attraverso queste attività e al clima di “omertà e assoggettamento”, i Gionta sono riusciti a tenere sotto controllo la città, spesso compiendo anche omicidi efferati. Due su tutte, le esecuzioni spietate, compiute nei confronti dei fratelli del pentito Aniello Nasto. Alfonso fu trucidato nel 2007 nel giorno del suo compleanno. Pasquale, l’altro fratello, fu ucciso nel 2009 nonostante fosse disabile e cieco. Così il clan zittiva chi voleva mettersi contro di loro.

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