Con sei milioni di spettatori incollati alla TV, il Commissario Ricciardi, germinato dall’abile penna del napoletano Maurizio De Giovanni, e diretto dal regista Alessandro D’Alatri, incanta ad ogni episodio. 

La produzione Rai con questa fiction - termine quasi riduttivo - ci fa dono di un “lavoro” dal valore artistico-culturale inestimabile. 

 

Il romanzo poliziesco, con protagonista il misterioso ed affascinante Commissario, interpretato abilmente da Lino Guanciale, mostra ed esalta, attraverso spettacolari ricostruzioni, la bellezza e la malinconia della Napoli anni ‘30, con tutto il suo difficile vissuto.

 

Meticoloso si è rivelato l’incarico svolto dalla costumista Alessandra Torella, nota professionista del settore, che, ispirata dal “metodo” del - due volte - premio Oscar Danilo Donati, ha curato con attenzione ogni minimo dettaglio, poiché, come da sempre afferma:<<l’abito fa il monaco>>.

 

L’abbigliamento confezionato appositamente per le interpreti, rispecchia, minuzioso, le tendenze delle case di moda dell’epoca, anche grazie all’utilizzo di riproduzioni ottenute da cartamodelli originali.

I completi maschili, indossati dagli attori, subiscono, invece, le influenze della rinomata sartoria napoletana, ancora oggi fiore all’occhiello della manifattura campana, forte del suo “carattere” unico e distintivo. 

 

Emblemi della Couture dell’epoca sono certamente le mise indossate dalla timida Enrica Colombo (l’attrice Maria Vera Ratti) e dalla sensuale Livia Lucani, vedova Vezzi (interpretata da Serena Iansiti).

 

Pur ispirandosi allo stile della maison francese, nata dalle idee innovative della rivoluzionaria Gabrielle Bonheur Chanel (in arte Coco Chanel), le forme dell’epoca lasciano intendere una più semplice e ritrovata femminilità, lontana dagli eccessi (lustrini, ricami, paillettes) dei ricchi tessuti dei primi anni ‘20. 

Gli orli delle gonne si allungano sotto il ginocchio mentre il punto vita si stringe per evidenziare la silhouette. 

Ad accompagnare questi capi si aggiungono camicie e giacche attillate, nonché cappotti fasciati da cinture e adornati, nella stagione fredda, da pregiati colli di pelliccia.

Gli abiti “delle grandi occasioni” hanno profonde scollature, sono scuri ed eleganti e coprono le calzature, connotate da discreti tacchi.

 

Non mancano i cappellini con veletta, simbolo della donna del decennio, che celano all’occorrenza sguardi e sentimenti a volte proibiti.

 

I completi sfoggiati dal nostro amato commissario, ci riportano, invece, agli anni in cui l’alta sartoria napoletana matura la propria identità.

“Il vestito è elegante, ma mai troppo ingessato: la giacca si caratterizza per la manica più corta, che lascia intravedere il polsino della camicia, oltre che per la minore imbottitura sulle spalle e sulla schiena, permettendo così una maggior mobilità.”

 

Ricciardi, indossa sempre coordinati a tre pezzi: gilet, giacca e pantalone e non dimentica mai la cravatta, annodata su di una camicia a corpo e dal collo ampio. 

 

Non meno importante è il cappello, accessorio fondamentale, visto nei modelli Panama o Borsalino, utilizzati spesso per abbigliare il capo di altri interpreti come Marco Palvetti (l’agente Falco), Enrico Ianniello (il dottor Modo) e Antonio Milo, (il brigadiere Maione in abiti civili).

 

Terminato, dunque, il nostro rapido excursus sulla moda all’epoca del Commissario, non ci resta altro che attendere il prossimo, imperdibile episodio.

Appuntamento a lunedì, su Rai 1.

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