Raffica di misure cautelari - con sei indagati in carcere - per imprenditori e un commercialista di Torre del Greco con uno studio anche a Torre Annunziata, nell'ambito di un'inchiesta della Dda fiorentina "su una consorteria criminale, con elementi di contiguità ad organizzazioni delinquenziali di matrice camorristica, che ha manifestato interessi nella regione Toscana ed operatività in Campania ed Emilia-Romagna".

La guardia di finanza ha daot esecuzione in Toscana, Lazio, Emilia Romagna, Veneto, Campania e Calabria, a un'ordinanza del gip del tribunale di Firenze che ha disposto nei confronti di 17 indagati sei custodie cautelari in carcere, una agli arresti domiciliari e dieci interdizioni con divieto di ricoprire uffici direttivi di persone giuridiche e imprese.

Inoltre, le fiamme gialle stanno eseguendo il sequestro preventivo, fa sapere una nota della procura di Firenze "anche per equivalente, ai fini della confisca, di beni mobili, immobili e disponibilità finanziarie fino all'ammontare di circa 30.000.000 di euro". I reati ipotizzati: emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, indebite compensazioni, riciclaggio, e associazione per delinquere. Il gip non ha riconosciuto l'aggravante dell'agevolazione mafiosa.

In Toscana quattro persone sono state sottoposte a misure cautelari: sono finiti in carcere un commercialista di Torre del Greco, residente nel comune di Barberino Tavarnelle (Firenze), con studi a Torre Annunziata e a Poggibonsi (Siena), e due imprenditori livornesi. Infine un terzo imprenditore, di Pisa, è stato sottoposto a misura interdittiva.

Riguardo al commercialista, le indagini coordinate dalla Dda di Firenze hanno permesso di appurare "i suoi rapporti continuativi - riporta un comunicato - con pregiudicati, anche per reati di mafia, nell'ambito del territorio campano, nonché con un gruppo di soggetti già coinvolti nella commissione di delitti economico-finanziari".

Le indagini condotte dalle fiamme gialle e dalla questura di Siena, dirette dal pm Leopoldo De Gregorio, avrebbero fatto emergere "una consorteria criminale, con elementi di contiguità ad organizzazioni delinquenziali di matrice camorristica, che ha manifestato interessi nella regione Toscana ed operatività in Campania ed Emilia-Romagna". Accertamenti fiscali e intercettazioni telefoniche e ambientali, hanno permesso secondo la Dda di "ricostruire un sistema di frode basato sull'illecito distacco di manodopera, su indebite compensazioni per estinguere debiti tributari e sulle cessioni di crediti fiscali inesistenti, nonché sull'emissione e l'utilizzo di fatture relative ad operazioni economiche inesistenti concatenate, realizzate da società tutte riconducibili all'organizzazione criminale".

"La figura societaria centrale di cui si sono serviti i componenti del sodalizio criminoso - proseguono gli inquirenti - è un consorzio con sede a Pontedera che avrebbe agito attraverso le sue consorziate stipulando contratti, leciti, con alcune società anche toscane operanti nel settore delle carni e impiegando complessivamente circa 600 persone".

"È dunque emerso - afferma la procura - che il Consorzio e le proprie consorziate hanno rappresentato lo snodo centrale di una lunga catena di fatturazione fittizia ad opera di società cartiere, disseminate su tutto il territorio nazionale, ricollegabili sempre ai membri del Consorzio ed utilizzate all'unico scopo di evadere le imposte, stimate in oltre 28 milioni di euro e infine monetizzare i proventi illeciti provenienti dalle false fatturazioni anche attraverso condotte di riciclaggio per circa 2 milioni. E' stato rilevato che, al pari del sistema di frode con false fatturazioni, attraverso le stesse società è stata attuata la sistematica cessione e compensazione di crediti inesistenti stimati in circa 2 milioni di euro, artatamente creati e in parte relativi a costi di "ricerca e sviluppo e innovazione tecnologica 4.0" mai sostenuti". Secondo la Dda "parte del denaro derivante dai" vari "illeciti è stato destinato o direttamente ad affiliati ai clan di camorra di Ponticelli, detenuti nel carcere di Poggioreale a Napoli, o a loro parenti, affini e conoscenti, e ad altri clan del Casertano".

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