TORRE ANNUNZIATA. Si è stretto al collo la cintura del proprio accappatoio, di pomeriggio e davanti a 3 guardie carcerarie, in segno di protesta contro “le condizioni disumane del 41-bis e i continui trasferimenti di cella”. E’ il retroscena sul tentativo di suicidio del killer del clan Gionta Umberto Onda, che il 2 febbraio scorso ha compiuto il folle gesto ad Opera, nei pressi di Milano, dov’è detenuto all’ergastolo: il decimo istituto di pena visitato dal killer di camorra di Torre Annunziata in meno di 6 anni, dopo la latitanza ed il suo arresto eccellente a Brindisi nel 2010. L’ultimo cambio di cella 20 giorni fa dal penitenziario di Rebibbia. Umberto Onda ha spiegato i motivi della “protesta” al suo avvocato di Novara Fabio Fazio, il primo ad essere informato dell’accaduto 3 giorni dopo quel cappio stretto al collo “più come una minaccia, senza versare sangue, che come reale volontà” di togliersi la vita. Proprio come già successo in cella a diversi boss di camorra.

I MOTIVI. A spiegare il perchè della “protesta” di "Umbertino" Onda è stato proprio il legale piemontese. L'avvocato Fabio Fazio ha chiarito che “con riferimento alla notizia di stampa, relativa al tentato suicidio di Umberto Onda, tengo a precisare, così come riferitomi dal mio assistito, che lo stesso al cospetto delle guardie penitenziarie si è stretto al collo una cintura del proprio accappatoio, venendo poi prontamente bloccato dalle stesse. Onda non si è tagliato le vene – ha continuato l’avvocato – e non ha versato sangue. Voglio sottolineare che il gesto è stato posto in essere per protestare in maniera forte contro le condizioni disumane carcerarie lamentate dal mio assistito, sottoposto a continui trasferimenti da un carcere all’altro. La sua – ha concluso – è stata una minaccia, un gesto estremo, piuttosto che la vera intenzione di uccidersi”

in foto l'arresto di Umberto Onda

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