È solo una campanella. Un oggetto semplice, appeso nella sala delle terapie. Ma quando le sue vibrazioni si diffondono nell’aria, per chi ha attraversato l’inferno, quei tre rintocchi diventano tutto: libertà, gioia, gratitudine, pianto. È il segno che la battaglia – per quanto dura e logorante – ha avuto un senso. Italia quella campanella del sollievo l’ha maledetta, agognata, desiderata, sognata notte e giorno. Da quando poco più di un anno fa ha scoperto di avere un tumore al seno.

E chissà quante volte ha immaginato quel momento nella sua mente, di quando il mese scorso, l’ha suonata davvero. “La vita non si misura attraverso il numero di respiri che facciamo, ma attraverso i momenti che ci lasciano senza respiro – ha letto Italia dinanzi a quella parete -. Sorridi, questo è il momento di farlo, visto che il tuo percorso di cura si è concluso ed è giusto annunciarlo al mondo intero attraverso il suono di questa campana. Falla suonare una volta per ciò che hai attraversato, suonala ancora per celebrare il presente e poi ancora una volta per augurarti un futuro radioso”.

Il suono della rinascita, a volte, arriva in punta di piedi. Ma resta dentro per sempre. “Fate prevenzione, non trascuratevi, perché la vita è una e non possiamo perderla per non aver ascoltato il nostro corpo”, dice Italia, con la voce che ancora trema. È arrivata al traguardo ferita, ma con il cuore pieno di chi sa di avercela fatta. Un anno fa iniziava il suo cammino tra aghi, attese, paure, cicli interrotti, operazioni rischiose e metastasi scoperte all’improvviso. Ha vissuto tutto, anche il pensiero di mollare. Ma oggi, circondata dall’amore della sua famiglia e dei suoi compagni di viaggio, quella campanella l’ha suonata. Piangendo. Per sé e per chi non c’è più.

Italia Pandolfi ha iniziato la sua battaglia nel maggio del 2024, un mese che sembrava come tanti, ma che ha cambiato tutto. “Sentivo che qualcosa non andava. C’era una strana sensazione al seno che non riuscivo a ignorare. Ogni giorno che passava, il pensiero diventava più insistente”. Fu allora che decise di rivolgersi al dottor Rocco, al Secondo Policlinico di Napoli. Il 12 giugno la biopsia, il 3 luglio l’esito: tumore al seno, terzo stadio, aggressivo. Le parole che nessuno vorrebbe mai sentire, che ti spezzano il respiro, che fanno tremare anche i più forti. Ma Italia non si è arresa. Si è affidata alla professoressa Mariagrazia Arpino e, il 7 agosto, ha iniziato il primo ciclo di chemioterapia. Un viaggio durissimo, fatto di speranze e crolli. I primi due cicli sembravano reggere, poi sono arrivate le complicazioni. Reazioni gravi, al punto da sospendere temporaneamente le cure.

A novembre, con tutti i rischi del caso, è entrata in sala operatoria. Durante l’intervento sono state trovate metastasi fino all’ascella destra. Ma nemmeno quella scoperta l’ha fatta indietreggiare. A febbraio ha ripreso la chemio, ma di nuovo gli effetti collaterali sono tornati a farsi sentire. È stata una sua intuizione – quella forza lucida che viene solo da chi conosce il proprio corpo – a svelare l’intolleranza al carboplatino. Tolto quel farmaco, gli effetti sono scomparsi.

Il 25 giugno scorso ha concluso il ciclo. E quel giorno, tanto atteso, ha finalmente suonato la campanella. Con le lacrime agli occhi, ha letto il suo messaggio. Un gesto carico di significato, fatto davanti a chi, come lei, ha lottato ogni giorno per rimanere in piedi.

“Per me è stata una vittoria. Una liberazione per tutto quello che ho vissuto. Per il dolore condiviso con i miei compagni di viaggio. Ma soprattutto per chi non ce l’ha fatta. Come la signora Rosa, alla quale ero molto legata, ricoverata con me in ospedale un mese fa e che purtroppo non ce l’ha fatta. Ogni giorno ho avuto paura. Ogni mattina mi svegliavo chiedendomi se fosse tutto un sogno. Ma se sono qui oggi, lo devo alla mia famiglia, al mio compagno, ai miei nipoti, ai bambini che soffrivano con me. E a don Nino, della parrocchia di Juvani. Loro mi hanno dato la forza quando io non ne avevo più”.

Italia oggi guarda avanti. Dal 17 luglio inizierà una nuova terapia, con pillole da assumere per un anno. Ma questa parte del percorso, quella più dura, è finita. E il suono di quella campanella continuerà a risuonarle dentro.

“Non aspettate che sia troppo tardi. Fate prevenzione, controllatevi. La vita è una sola, e ogni giorno è un dono. Finché c’è vita, c’è speranza. E io, oggi, quella speranza l’ho afferrata con tutte le mie forze”.

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