Processo di secondo grado da rifare per il tentato omicidio scattato per vendetta dopo l'assassinio di Nicholas Di Martino, il 17enne accoltellato a morte la notte del 25 maggio 2020 in via Vittorio Veneto a Gragnano, in provincia di Napoli.

Lo ha deciso la prima sezione della Corte di Cassazione che ha accolto il ricorso presentato dai legali degli imputati, tre dei quali cugini della vittima: Giovanni Amendola (difeso dall'avvocato Raffaele Chiummariello), i fratelli Giovanni e Antonio Carfora (difesi dall'avvocato Stefano Montone) e Raffaele Iovine (difeso dall'avvocato Massimo Trigari).

La Suprema Corte ha annullato le sentenze e disposto un nuovo processo per effetto dell'accogliemnto del ricorso presentato dal collegio difensivo, avvocato Francesco Paolo De Rosa, fondato sull'esclusione aggravante mafiosa e sulla negazione delle attenuanti generiche.

Secondo quanto emerso dalle indagini, poche ore dopo la morte di Nicholas colpito al cuore con una coltellata (per questo omicidio, e per il tentato omicidio del cugino Carlo Langelotti che era con lui sono stati condannati in primo grado a 18 anni di carcere Maurizio Apicella e 10 anni Ciro Di Lauro) i quattro organizzarono un agguato ritorsivo a colpi di pistola, in pieno centro a Gragnano, contro un amico di Apicella, all'epoca ventenne, che rimase ferito a una mano.

Gli inquirenti misero subito in relazione la morte di Di Martino con il successivo l'agguato. Nicholas era figlio di Maria Carfora, sorella del boss ergastolano Nicola Carfora detto "'o fuoco". 

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