"I killer di Siani? Forse non sono in galera". Roberto Paolo, a Torre, stupisce con "Il caso non è chiuso"
Il caporedattore de "Il Roma" presenta, al "Caffè Nuovevoci", il suo dettagliato libro-inchiesta
27-02-2015 | di Salvatore Piro
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Torre Annunziata. Probabilmente, sì è di fronte ad un nuovo incredibile caso di errore giudiziario: sei persone condannate, dieci lunghi anni di processi, ventuno provvedimenti già prodotti, tra sentenze e ordinanze, non hanno forse ancora fatto piena luce su esecutori e mandanti, persino lo stesso movente, che portò all'omicidio di Giancarlo Siani, il cronista de "Il Mattino" ucciso dalla camorra nel 1985. Esattamente trent'anni fa.
A sostenerlo, con dovizia di particolari, testimonianze choc di ex affiliati ai Nuvoletta di Marano e ai Giuliano di Forcella, ricostruzione fedele degli atti giudiziari "che nessuno conserva, nemmeno gli avvocati coinvolti, ma che si trovano scavando in emeroteca", è la coraggiosa ed appassionata "contro-inchiesta" di Roberto Paolo, il caporedattore de "Il Roma" che stasera, al "Caffè Nuovevoci" di Torre Annunziata, ha presentato ad un pubblico giovane e incuriosito il suo "Il caso non è chiuso. La verità sull'omicidio Siani".
"Progetto nato quasi per caso - ha esordito l'autore - imbattendomi nel libro di un ex detenuto che in alcune pagine racconta, al suo compagno di cella, come chi è ora in carcere per l'omicidio Siani non c'entra nulla con l'intera vicenda". Da qui, la faticosa "contro-inchiesta" di Paolo, durata quattro anni, dal 2010 al 2014, già foriera di un risultato importante: la riapertura delle indagini con un nuovo fascicolo in Procura. A Napoli, ci lavorano i pm Palescandolo e Woodcock mentre a Torre Annunziata, nell'incontro moderato stasera dal giornalista Vincenzo Lamberti, alla presenza del Presidente dell'Ordine degli Avvocati oplontino, Gennaro Torrese, dell'assessore alla Cultura Antonio Irlando, del Presidente del Consiglio comunale di Torre Annunziata, Raffaele Di Donna e del Tenente dei Vigili, Antonio Virno, Roberto Paolo spiega "tutte le falle" di un processo già concluso.
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A partire da un alibi che, a suo dire, reggerebbe poco. Quello di Alfonso Agnello, uomo dei Gionta, ora in carcere a Padova per 3 omicidi andati a segno ed uno solo tentato. Agnello fu il primo nome accostato all'omicidio Siani dagli inquirenti. Arrestato, venne scarcerato 4 giorni dopo. Una multa presa in sella a un motorino (intestato al boss Aldo Gionta) a Castellammare di Stabia, ore 19:15. Nello stesso giorno in cui fu ucciso Siani, trucidato però alle 21:50: "Il ruolo di Agnello nella vicenda andrebbe decisamente rivisto - sottolinea Paolo - . In un giorno feriale ho preso la macchina, facendo lo stesso percorso. Ho impiegato 45 minuti per arrivare al Vomero, dove uccisero Giancarlo. Per non parlare di come Agnello, quella sera, era vestito". Scarpe da ginnastica e jeans chiari, si evince dal verbale dei Vigili stabiesi. "Stessi indumenti dei killer di Siani", raccontano invece testimoni e carte processuali.
Spunti investigativi e scenari "solo tratteggiati", come premette in nota al libro il caporedattore de "Il Roma". Così come il "nuovo" movente dell'omicidio: "Siani non è stato ucciso perchè scrisse che i Nuvoletta tradirono i Gionta. Il vero motivo è altro - conclude Paolo - economico, non di alleanza criminale. In un suo articolo, Giancarlo denunciò le probabili connivenze, tra politica e camorra, nell' affare cooperative tra ex detenuti a Napoli e Torre nel post-terremoto".
in foto, da sinistra, Roberto Paolo, Gennaro Torrese, Vincenzo Lamberti
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