Il business delle carni e dei trasporti: crolla l’impero del commercialista torrese
Un giro d’affari di milioni di euro con legami indiretti con i clan della camorra: la ricostruzione
29-01-2025 | di Redazione
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Oltre seicento dipendenti a libro paga, con un giro di affari da milioni di euro nel campo della macellazione delle carni, della logistica e dei trasporti. E legami con i clan della camorra. Sono tutti i tasselli di un sistema crollato per mano della Guardia di Finanza e della Dda che ha portato all’esecuzione di 17 misure cautelari, delle quali sei in carcere, uno ai domiciliari e dieci interdizioni con divieto di ricoprire uffici direttivi di persone giuridiche e imprese, con il sequestro di beni e conti correnti per 30 milioni di euro.
A finire dietro le sbarre coloro che secondo gli inquirenti sarebbero al vertice del consorzio criminale: Massimiliano Masi, 43enne di Roma, capo e promotore della frode, Marco Varvato, 47enne originario di Torre del Greco ma residente a Barberino Tavarnelle, commercialista con studio a Poggibonsi e Torre Annunziata, mente della banda, incaricato di gestire tutte le pratiche fiscali e tributarie; Nunzio Carobene, 46 anni originario della provincia di Napoli e residente a Livorno, coinvolto "in un’indagine per traffico di sostanze stupefacenti in mano a ’ndrine calabresi", si legge negli atti; Giuseppe De Biasio, campano di 41 anni; Salvatore Quagliariello, 64enne di Napoli; Ciro Sermone, 50enne di Napoli, addetto alle fatture per operazioni inesistenti.
I reati a vario titolo riconosciuti dal gip del tribunale di Firenze sono emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, indebite compensazioni, riciclaggio e associazione per delinquere. Non regge invece l’aggravante contestata da Leopoldo De Gregorio, il pm titolare dell’indagine, dell’aver agevolato i clan camorristici Muzzoni, Luca Bossa e De Micco, attivi nell’area campana di Sessa Aurunca e Ponticelli.
Il nome di Varvato non è nuovo alle cronache di Torre Annunziata. Varvato finì al centro dell'inchiesta che portò poi allo scioglimento del comune oplontino quando il 31 ottobre 2019, dopo il ritrovamento in strada a Torre Centrale di una bomba a mano, inizialmente posizionata davanti allo studio di Varvato. Qualche giorno dopo il 2 novembre 2019 furono esplosi dei colpi d’arma da fuoco contro la serranda dello studio. Dalle indagini sui due episodi è emerso il legame tra i due professionisti e diverse società riconducibili alla famiglia Onda.
Riguardo al commercialista torrese, le indagini coordinate dalla Dda di Firenze hanno permesso di appurare "i suoi rapporti continuativi - riporta un comunicato - con pregiudicati, anche per reati di mafia, nell'ambito del territorio campano, nonché con un gruppo di soggetti già coinvolti nella commissione di delitti economico-finanziari".
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