Il narcos Raffaele Imperiale: “Da piccolo tentarono di rapirmi a Gragnano”
Mandò in coma figlio del boss, così inizia la sua carriera in Olanda: “A Natale e Pasqua 25mila euro in cesto per il capo”
10-07-2023 | di Redazione
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“Alcuni cani sciolti di Gragnano e anche di Casola tentarono di rapirmi, quando ero piccolo”. Lo ha rilevato il narcos Raffaele Imperiale, ora collaboratore di giustizia, nel corso di un interrogatorio reso il 17 gennaio 2023. Imperiale contribuisce con le sue dichiarazioni a rendere più chiaro agli inquirenti l'ambiente criminale della zona di Castellammare di Stabia e le dinamiche del clan Cesarano ai cui presunti affiliati oggi i carabinieri di Castellammare e la Dda di Napoli hanno notificato 18 misure cautelari.
I RICORDI. Suo padre, Ludovico Imperiale (deceduto all'età di 82 anni il 16 luglio 2022), importante imprenditore edile che nella zona ha costruito parchi e palazzi, ha anche ricoperto la carica di presidente della squadra di calcio Juve Stabia. "Ricordo che i figli dei D'Alessandro (capi dell'omonimo clan di camorra della zona) - dice - frequentavano casa mia... li ricordo a bordo piscina... quando ho iniziato a spacciare droga a Pompei.. nonostante il parere assolutamente contrario dei miei genitori".
IL TRASFERIMENTO IL OLANDA. Poi, Imperiale, spiega il perché del suo trasferimento in Olanda, che rappresenta l'inizio della sua carriera nel narcotraffico mondiale: "Ricordo di un ragazzo che veniva a comprare la droga da me e che fu picchiato selvaggiamente da me... questo ragazzo andò in coma... era il figlio di un boss di Santa Maria la Carità, costui si rivolse ai Cesarano per chiedere soddisfazione... non potevano più proteggermi... la soluzione migliore era che mi allontanassi dalla zona stabiese. Questo episodio mi spinse a trasferirmi in Olanda, atteso che mio fratello aveva ivi aperto un coffee shop".
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L’ESTORSIONE DA 50MILA EURO. Ma c’è dell’altro. Imperiale chiese aiuto al clan Amato-Pagano, i cosiddetti scissionisti, per difendere il cugino omonimo a cui il clan Cesarano voleva imporre una estorsione da 50mila euro. All'imprenditore omonimo del narcos (si chiama anche lui Raffaele Imperiale) venne intimato di presentarsi il giorno dopo a Ponte Persica (così viene anche identificato il clan Cesarano) con la somma. Il cugino del 'pentito' però ne parlò con lo zio (padre del narcos) il quale, a sua volta, contattò il figlio e così vennero inviati degli emissari degli Amato-Pagano, tra cui il ras Marco Liguori. Ad incontrare Vincenzo Caesarano, ritenuto il vertice dell'omonimo clan, fu però una persona che si presentò per conto di Bruno Carbone, socio del narcotrafficante Imperiale. Il boss - secondo quanto emerso - finse di prendere le distanze da chi stava gestendo l'estorsione (il 63enne Francesco Corbelli, anche lui destinatario oggi di un arresto) dicendo che non era sua intenzione taglieggiare un componente della famiglia Imperiale. Da quel momento però il clan iniziò a ricevere somme di denaro, in occasione delle festività, a titolo di ringraziamento per "il rispetto" mostrato dal clan nei riguardi di un familiare del noto narcotrafficante internazionale.
IL CESTO PER IL BOSS. "A Natale e a Pasqua, somme tra 20mila e 25mila euro in un cesto che venivano consegnati direttamente nelle mani di Cesarano Vincenzo": così il narcotrafficante internazionale Raffaele Imperiale ha spiegato, nel corso di un interrogatorio reso nell'ambito del suo percorso di collaboratore di giustizia, come intese ringraziare il boss Vincenzo Cesarano per avere preso le distanze da una estorsione da 50mila euro ai danni del suo cugino omonimo imprenditore. "Nonostante avessi capito la falsità nell'atteggiamento di Cesarano Vincenzo - riferisce il narcos agli inquirenti - mi aveva comunque gratificato, e decisi di mandare un regalo a Cesarano. Era mia intenzione donare una somma pari a 50mila euro... ma Carbone mi disse di non esagerare, limitandomi a dare 20mila euro e così ho fatto...a Natale e a Pasqua, somme tra 20mila e 25mila euro in un cesto che venivano consegnati direttamente nelle mani di Cesarano Vincenzo da questo soggetto di Villa Literno che sapeva interloquire con il 'Mussone' (così veniva soprannominato il boss) avendo la sua stessa età".
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