TORRE ANNUNZIATA. Era un “pesce” piccolo, nonostante il grosso peso sulle spalle di un cognome scomodo. Aldo Gionta, 47 anni, omonimo di suo cugino il “boss-poeta” e nipote di Valentino, il sanguinario capoclan della cosca di via Bertone (ora all’ergastolo al 41-bis a Novara), aveva “solo” precedenti per estorsione ed una condanna: due anni in primo grado per violazione del regime di sorveglianza speciale, pena poi ridotta in Appello.

Uscì dal carcere di Poggioreale nell’estate del 2012. Residente nel quartiere “dell’Annunziata”, in piazza Giovanni XXIII, il nipote del “super-boss” (figlio di suo fratello Ernesto), vicino anche all'ex latitante Ciro Nappo (la suocera di Aldo Gionta, Rosa Bove, è la madre del pregiudicato 41enne del clan) era scampato alle più grandi operazioni di polizia e carabinieri contro i Gionta: mai un’intercettazione che lo riguardasse. Nessun pentito ha fatto il suo nome, nemmeno nelle mille pagine di ordinanza che nel 2008, dopo il blitz “Alta Marea”, seppellirono la cosca di camorra con 88 arresti per associazione di stampo mafioso, omicidio e traffico di stupefacenti. Tra i destinatari dei provvedimenti un’intera famiglia: il capoclan Valentino Gionta, sua moglie Gemma Donnarumma e i figli Aldo, Pasquale e Teresa. Aldo Gionta, 47 anni, figlio di Ernesto, invece no: dal 2012 diceva a tutti di fare il “pescatore”. E’ morto oggi all’ospedale di Boscotrecase, dopo l’anestesia fattagli in sala operatoria per una semplice frattura a tibia e perone.

L’ULTIMO ARRESTO. Il 16 ottobre 2011, una tranquilla domenica pomeriggio, Aldo Gionta finì in manette: braccato dai carabinieri della compagnia di Torre Annunziata (guidati allora dal capitano Luca Toti) per aver violato il regime della sorveglianza speciale. La misura gli era stata inflitta in virtù della sua appartenenza – almeno per questioni familiari – al gruppo guidato da Don Valentino. La sorveglianza speciale gli vietava di frequentare altri pregiudicati; il nipote del “super-boss”, invece, stava chiacchierando nei pressi della Basilica con un conoscente con precedenti. Aldo Gionta ostacolò il controllo dei militari. I sorvegliati girano con un libretto rosso in tasca, quasi un segno di riconoscimento. Sono tutti obbligati a mostrarlo alle forze dell’ordine. Aldo Gionta, quella domenica pomeriggio, alla richiesta dei militari si rifiutò.

L’AUTOPSIA. Sulla salma del 47enne, sequestrata dagli inquirenti dopo il decesso, la Procura della Repubblica di Torre Annunziata ha disposto d’ufficio l’autopsia. I familiari di Aldo Gionta si sono già rivolti al loro legale di fiducia, l’avvocato Giovanni Tortora, per la nomina di un perito di parte che assista alle operazioni all’obitorio. Esami decisivi per stabilire le cause della morte, chiarendo le eventuali responsabilità dell’equipe medica, presente oggi in sala operatoria al terzo piano dell’ospedale “Sant’Anna” di Boscotrecase.  

 

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