Irma Testa si racconta: “Dopo Rio ho mollato, tornata a combattere grazie a mamma”
La campionessa di Torre Annunziata si prepara in vista delle Olimpiadi di Parigi 2024
13-07-2024 | di Redazione
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Dopo Rio ha mollato. E’ tornata a volare come una farfalla grazie alle parole della mamma. Lo ha detto Irma Testa che si è raccontata in vista delle Olimpiadi di Parigi 2024 che possono vederla come una delle protagoniste assolute. La campionessa del mondo e due volte regina europea dei pesi leggeri ha raccontato al settimanale “Oggi” i suoi esordi sul ring, il rapporto con il quartiere dov'è cresciuta e con la famiglia a Torre Annunziata, la delusione di Rio 2016 e non solo.
"Nel 2016 tutti si aspettavano la medaglia anche perché i miei colleghi maschi erano stati eliminati prematuramente. Avevo 18 anni e ci credevo perché la francese Estelle Mossely l'avevo battuta quattro mesi prima dei Giochi. Ai quarti di finale del torneo olimpico, invece, vinse lei che poi si mise al collo la medaglia d'oro. Lo vissi come un fallimento enorme, non riuscivo a capire dove avessi sbagliato e mi rinchiusi a Torre Annunziata dove per sette mesi non feci nulla. Poi, un giorno mia madre mi guardò e mi disse "Ti rendi conto che sei una delle poche in famiglia ad avercela fatta? Torna a combattere per me e per tua sorella. Tornai in palestra, ripartendo da Torre Annunziata dove tutto è partito, e poi non mi sono più fermata".
IL SIGNIFICATO DELLE OLIMPIADI. "Sarei un'ipocrita se dicessi che alle manifestazioni non vado per vincere. Tuttavia credo che l'Olimpiade sia un qualcosa di diverso: è necessario andare lì per divertirsi, perché capita solo ogni quattro anni e strappare la qualificazione è difficilissimo".
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IL QUARTIERE E LO STUDIO. "Sono nata e cresciuta nel quartiere Provolera di Torre Annunziata. Nel quartiere ci stavo dalla mattina alla sera, tranne quando dovevo recarmi a scuola, e lo ammetto che non ci andavo sempre. I primi pugni li ho iniziati a tirare nella palestra Boxe Vesuviana. A 14 anni, poi, mi sono trasferita ad Assisi per incrementare gli allenamenti, ma anche in quel caso non ho studiato perché il percorso della mia Federazione non lo prevedeva. Mi ritrovai così a confrontarmi con coetanei molto acculturati e mi sentivo a disagio. A 17 anni ho iniziato a studiare per conto mio e lo faccio tutt'ora".
I PRIMI GUANTONI. "Il primo incontro finì con un pesante k.o. Tornai a casa e trovai mia nonna in lacrime perché le avevano detto che avevo picchiato a sangue una ragazzina. Il pugilato è anche questo, ma devi farlo sempre rispettando le regole".
LA FARFALLA IMPAZZITA. "All'inizio svolazzavo sul ring per evitare il più possibile i colpi e il mio maestro mi faceva notare che scappavo sempre. Ad un certo punto mi sono imposta che volevo vincere, e da lì quel click mentale mi ha fatto capire che potevo essere una farfalla bella da vedere perché evita ma da anche i colpi".
LA SORELLA E LA FAMIGLIA. "Sarà sempre grata a lei, ha solo un anno più di me, perché ha iniziato a lavorare giovanissima per sostenere economicamente la famiglia e con parte dei soldi mi permetteva di raggiungere in treno Assisi e di vivere lì. È stata la sorella migliore del mondo. Al Sud è evidente come l'amore per la famiglia sia amplificato, si vive per quello e per me, ancora oggi, è così. Tutto ciò che faccio e per loro e continuerò a farlo per sempre".
L'AMORE PER IL PUGILATO. "Da piccola hanno provato a farmi fare pallavolo, nuoto, pattinaggio e pure la danza. L'insegnante di danza disse a mia madre di portarmi via perché disturbavo tutta la classe. Di quel mondo non mi piaceva il silenzio, invece dell'atmosfera della palestra adoro che si faccia un gran baccano, si urla quando ci si allena sul ring e si urla quando si tirano i colpi. Del pugilato mi piacciono poi le regole, che si possono applicare nella vita. La boxe ti insegna a rispettare gli altri pugili e a capire che il tuo avversario ha fatto i tuoi stessi sacrifici e patito le stesse sofferenze per arrivare il più in alto possibile".
IL RAPPORTO CON IL DOLORE. "Se prendi un brutto colpo, tutto il dolore lo senti il giorno dopo. Quando ti svegli hai il collo bloccato, per esempio, e le braccia indolenzite. Io di solito non prendo antidolorifici perché mi piace allenarmi sotto dolore, così mi ricordo quello che sto facendo e ciò mi spinge a dare sempre di più".
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