“Pandora Matrix", atto finale. La Suprema Corte chiude a Roma il processo ai danni di 61 imputati tra i “Gallo-Limelli-Vangone”, cosca camorristica operante a Boscoreale e Boscotrecase. I Giudici non salvano Giuseppe Gallo, alias “Peppe o’ pazzo”, condannato a venti anni di carcere, perchè riconosciuto come il capo indiscusso del clan, capace dunque di trafficare ingenti quantitativi di cocaina ed hashish dalla Spagna e dall’Olanda.

Nonostante l’annullamento di una decina di capi d’imputazione per prescrizione, a nulla è valso in pratica l’estremo tentativo dei legali del boss, i penalisti Michele Cerabona e Lucio Caccavale, che cercavano di far annullare lo stesso verdetto già giunto in appello (nel 2013), giocando la carta della incapacità processuale di Gallo per schizofrenia.

Meglio è andata al cugino del ras, Michele Vangone (difeso dall'avvocato Antonio de Martino), che incassa l’annullamento della condanna a 4 anni di reclusione. I Giudici salvano pure Gaetano Onda (assistito dal legale Elio D'Aquino), condannato in secondo grado a 4 anni e 6 mesi. La Cassazione, in questo caso, accoglie la tesi difensiva, riqualificando il reato in base alle nuove leggi sulla droga (la “Iervolino-Vassallo” in sostituzione della incostituzionale “Giovanardi”) e ritenendolo perciò prescritto (per Onda e Vicenzo Cirillo arriva pure il dissequestro dei beni in via di confisca).    

Annullamento con rinvio per Mario Francesco De Martino, suocero di Giuseppe Gallo, Gaetano Di Ronza, Luigi Mansi e Antonio Ruggiero, condannati in appello a 12 anni. Rosaria Vangone, mamma di "Peppe o' pazzo", difesa dall’avvocato Antonio Briganti, ottiene l’annullamento con rinvio di un solo capo d’imputazione. Per lei, si profila la conferma della condanna a 12 anni e 4 mesi.

in foto, il boss Giuseppe Gallo

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