Nonostante siano passati pochi anni dalla fine del secolo scorso, nella memoria collettiva degli abitanti di Torre Annunziata la storia dei cento anni, chiusi con l’arrivo dell’anno 2000, è quasi completamente andata scomparendo. Non è facile retorica, come, a giusta ragione delle parole di Massimo Corcione, “riprendere le origini non può essere solo un gioco nostalgico ma deve avvenire con la dovuta rielaborazione storica”.

L’amore per la città che fu di Poppea ha spinto Vincenzo Marasco ed Antonio Papa al salto nel tempo per consegnarci la prima, si spera non ultima, opera che squarcia il velo di approssimazione e, spesso, disprezzo che copre questo lembo di terra.

51 episodi storico giornalistici su Torre Annunziata’ (Raccolta I dal 1882 al 1972), ci consegnano i minuti e la vita di coloro che hanno abitato la città, di quelli che sono morti nelle lotte operaie piuttosto che in disastri che pure sono accaduti, ci riaffidano episodi storici ma anche strani nella loro drammaticità, momenti in cui si confonde il sacro dell’immagine di una Vergine con il profano dato dal sarcastico tono dell’articolo che mette in dubbio i reali miracoli del quadro.

La cornice è quella della biblioteca comunale ‘Ernesto Cesaro’ che trasuda nelle sue pareti ed in quello che custodiscono la contraddizione eterna della terra di Oplonti. “Il fiore all’occhiello di una città nonostante l’ambiente non è adeguato”: una sintesi diplomatica, quella di Lello Ricciardi, che saluta Papa e Marasco in nome di tutta l’amministrazione comunale, per non girare il coltello in una ferita profonda di quello che dovrebbe essere un mausoleo alla cultura per i libri di mezzo millennio fa che ospita.

Storico ed appassionato d’arte ed archeologia Vincenzo Marasco, collezionista di ricordi e custode di cronaca Antonio Pinto. Il duo che mi ha fatto scoprire, ad esempio, che la piccola ed abbandonata chiesta di San Gennaro è stato il teatro di una catastrofe. Il 22 aprile del 1893, durante una cerimonia serale, un cero da fuoco a dei paramenti e tra l’incendio e la calca perdono la vita 15 persone. La stessa chiesa che oggi giace abbandonata sebbene beneficiaria di cospicui fondi europei per la ristrutturazione che, evidentemente, chi li ha chiesti l’avrà anche dimenticato. Ma questa è storia degli anni nostri.

Fa sorridere nonostante, purtroppo, l’episodio ha un epilogo drammatico. La Stampa di Torino, il 5 giugno 1909, riporta la storia di Vittorio Prisco che ha perso la vita per una scommessa ‘stramba’ tra amici: bere 5 litri di vino in un sol fiato. Sebbene abbia vinto con gli amici, Prisco ha perso con la vita perché, il troppo alcol, gli ha causato la morte.

O ancora, un altro episodio avvenuto nella Valle di Pompei che il 20 novembre 1910 risultava ancora sotto le pertinenze territoriali di Torre Annunziata. La disputa del famosissimo quadro delle Vergine del Rosario tra i padri domenicani e l’odierno Beato Bartolo Longo. Più che l’episodio in se’, curioso e simpatico il tono dell’articolo de L’Emancipazione che diffida i reali miracoli della Madonna sostenendo che “miracoloso non fu mai il quadro in parola, bensì fu quel furbacchione di Don Bartolo, il quale seppe a fianco il Santuario far sorgere ogni sorta di confortabile”.

Il numero degli articoli, 51 appunto, è con un passo in avanti verso la II raccolta di storia e di vita di Torre Annunziata. Corcione, durante il suo intervento, ha lanciato un tema controverso ma, sicuramente, che merita un’analisi approfondita da consegnare ai posteri: la fine dell’arte bianca, letta dal direttore di Sky Sport come la miopia dei tanti artigiani e dei pochi industriali, perché questo era il tessuto imprenditoriale dell’epoca, al cambio dei tempi che li ha travolti cancellando quasi completamente la paternità di questo ‘mestiere’ ai torresi.


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