Il Tribunale civile di Napoli ha riconosciuto il diritto ad ottenere i benefici in danaro previsti dalla legge alla madre di Salvatore Barbaro, un ragazzo ucciso nel 2009 ad Ercolano con 11 colpi di pistola perché aveva l'auto uguale a quella del camorrista che era il bersaglio dei sicari.

Fu ammazzato per un tragico errore Salvatore: lo riconobbe nel 2016 anche una sentenza del tribunale penale di Napoli, che condannò cinque persone per l'omicidio. A dispetto della pronuncia, il Ministero dell'Interno non ha però mai voluto riconoscere al giovane lo status di vittima innocente della criminalità organizzata, che avrebbe dato diritto ai familiari di Salvatore di ricevere una somma di danaro fino a 150mila euro, come prevede la normativa (leggi 302/1990 e 407/1998); per due volte i funzionari del Viminale hanno bocciato la richiesta avanzata da Giovanna Scudo, madre di Salvatore Barbaro, che pretendeva che anche il Ministero, dopo l'autorità giudiziaria, riconoscesse l'innocenza del figlio. I funzionari ministeriali hanno addotto come giustificazioni la non totale estraneità della Scudo ad ambienti delinquenziali.

Dopo la seconda bocciatura, la Scudo, assistita dal legale Giovanni Zara, si è rivolta al tribunale civile di Napoli, che le ha dato ragione, ritenendo la totale estraneità della donna a qualsiasi ambiente criminale. Per il giudice, anche la circostanza che alcuni familiari della Scudo avessero precedenti non è risultata rilevante, in quanto i reati di cui si sarebbero macchiati non rientrano tra quelli che per legge precludono il diritto all'elargizione in danaro. La Scudo ha dunque il pieno diritto di godere di un indennizzo per la grave perdita del figlio.

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