Tra i banchi di Palazzo Madama Pietro Langella si è accomodato dal 2013 al 2018. Era la diciassettesima legislatura della storia repubblicana, quella caratterizzata dalla doppia elezione del Capo dello Stato. Langella era tra i grandi elettori che nell’aula di Montecitorio il 20 aprile del 2013 votarono la rielezione a Presidente, anche in questo caso si trattava di una prima assoluta, di Giorgio Napolitano e poi due anni dopo quando nell’ultimo giorno di gennaio del 2015 la Camera riunita in seduta comune elesse al quarto scrutinio Sergio Mattarella.

L’ex senatore originario di Boscoreale, ricorda insieme a noi de lostrillone.tv, quei momenti. “Furono momenti concitatissimi, tante trattative politiche, nomi che venivano proposti con il solo intento di tirarli fuori dalla partita. Soprattutto nel 2013 quando rieleggemmo Giorgio Napolitano e fuori dal parlamento c’era chi gridava contro la ‘Casta’, poi quella stessa generazione politica è stata in grado di fare molto peggio di quelli che contestavano”.

Si riferisce al Movimento Cinque Stelle?

“Il popolo resta sovrano e sceglie i suoi rappresentanti. Ma per rimanere in tema di elezione del Presidente della Repubblica basta pensare a come il loro giudizio nei confronti di Mattarella sia cambiato. Prima il presidente era per il M5S il responsabile della ‘notte più buia della democrazia’. Poi è diventato un ‘simbolo luminoso’ e oggi ne chiede addirittura la riconferma al Quirinale”.

Torniamo per un attimo all’aprile del 2013. I grandi elettori chiedono quasi in ginocchio a Napolitano di tornare. “Re Giorgio” viene rieletto e in aula nel corso del suo discorso parte una requisitoria contro chi lo aveva appena riportato al Colle e più attaccava e più riceveva applausi.

“Io non ero tra quelli che lo applaudiva, pur avendolo rivotato. Fu un’elezione particolare anche per il contesto in cui nacque. Napolitano, però, come tutti gli estremisti va bene quando esprime il proprio credo, poi nell’azione concreta è rimasto un po’ lontano dagli obiettivi che poteva raggiungere a mio avviso”.

E su Mattarella che giudizio ha? Come sintetizza il suo settennato?

“Il suo stile mi piaceva, in lui avevo riposto grande speranza, soprattutto rispetto ai compiti istituzionali che avrebbe potuto portare avanti. Certo è stato un settennato molto difficile, segnato soprattutto dal covid e dell’emergenza pandemica, ma mi sarei aspettato di più, come ad esempio sul caso Palamara, sugli embarghi alla Russia che ancora non comprendo e anche la questione Ucraina, l’aumento della bolletta energetica deriva anche da questo”.

Guardando all’immediato futuro chi sarà secondo lei il prossimo inquilino del Colle?

“Di sicuro l’ultimo eletto da 1000 grandi elettori. Personalmente sono favorevolissimo ad una svolta presidenziale della nostra Repubblica. Dovremmo rifletterci su questo e credo che una convergenza su Mario Draghi sia ancora possibile”.  

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