Torre Annunziata. Tangenti per gli ‘affari’ legati al cimitero, da contrattare rigorosamente con i referenti del clan, dodici posti di lavoro da assegnare alla camorra presso un nuovo centro commerciale in città (le cui aziende non sono minimamente toccate dalle indagini), informazioni precise sui fondi stanziati per i lavori al Porto, individuando le ditte vincitrici dell’appalto, imponendo poi alle stesse le aziende in sub-appalto. Sarebbero queste le nuove e vecchie mire del clan Gionta, svelate da alcuni particolari dell’inchiesta coordinata dalla Dda di Napoli, che ieri ha portato al fermo di Carmela (67), sorella del superboss Valentino Gionta, ora al 41-bis e storico fondatore della cosca torrese. Il fermo della donna aprirebbe così per l’Antimafia nuovi filoni d’indagine. Inchieste tutte da scrivere (nessuna accusa è stata mossa in merito, trattandosi solo di 'spunti' riferiti da racconti di terzi agli inquirenti), in concomitanza con il presunto risveglio economico di una Torre Annunziata da anni in ginocchio, ma rinvigorita da ultimo dall’apertura di due nuovi mega-punti vendita in periferia e dallo sblocco in Regione dei 33 milioni per la riqualificazione del Porto (in foto una panoramica).

LE ‘MANI’ SUI NUOVI AFFARI. Soldi freschi e nuove opportunità da sfruttare per un clan oggi con le casse vuote. Carmela Gionta, accusata dall’Antimafia di usura con tassi al 120% annui ed estorsioni aggravate ai danni di alcuni imprenditori locali, secondo la Dda usava i fondi per il “sostentamento dei carcerati” e per “mantenere in vita” la Famiglia. Soldi da dare a chi ha tre carcerati addosso”; a mogli con mariti oggi dietro le sbarre, “un tanto al mese” anche per “il figlio sposato”. Racket e usura però, è evidente, non bastano.

GLI SVILUPPI. Si terrà solo venerdì mattina, presso il carcere di Santa Maria Capua Vetere, dove è ora detenuta, l’udienza di convalida del fermo di Carmela Gionta. La sorella del ras Valentino, madre di Aldo e Salvatore Agretti (alias Tore a’ Tenaglia, esponente di spicco del clan attualmente latitante), comparirà col suo avvocato dinanzi al Gip Antonio Fiorentino.

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IL RACCONTO DELLA VITTIMA: “Giunto presso la sua abitazione, la donna (Carmela Gionta, ndr) che mi aspettava sola, mi chiese di poter verificare se i posti di lavoro assegnati al Centro Commerciale, indicati precisamente nel numero di sei per la famiglia Gallo e sei per i Gionta, fossero effettivamente stati assegnati. Le risposi che nulla sapevo e che non c’era nulla nelle mie possibilità che potevo fare per esaudire la domanda. Per quanto riguarda il porto invece, Carmela Gionta mi disse che il debito a usura sarebbe stato considerato estinto qualora io fossi entrato a lavorare per conto del clan, con relativo stipendio mensile, e con il compito di curare gli aspetti finanziari del clan. In particolare avrei dovuto raccogliere informazioni circa gli stanziamenti previsti per la ristrutturazione del porto di Torre Annunziata, individuando le ditte vincitrici delle gare d’appalto alle quali il clan avrebbe imposto le ditte in subappalto. Carmela Gionta mi riferiva che l’obiettivo era duplice, ovvero soldi e occupazione, in quanto si trattava si estorcere denaro alle ditte in subappalto, nonché imporre a queste ultime l’assunzione dei figli degli affiliati, date le necessità economiche del clan e le difficoltà nel pagare i relativi stipendi ai sodali".

 

 

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