Ho atteso un po' prima di scriverti, amico mio. Il tempo necessario per provare a fissare sul foglio le emozioni ed i ricordi legati a quei tanti momenti che, in tutti questi anni, abbiamo vissuto insieme (anche) all'ombra del nostro caro e amato Vesuvio.

Te lo confesso, a scanso di equivoci: non me la sono sentita prima. Semplicemente: non ci sono riuscito.

Quando mi ha colto la notizia della tua scomparsa, sono rimasto pietrificato.

Molti utilizzano questa frase: "rimanerci di sasso".

Ebbene è così: ci sono rimasto proprio di sasso!

Ero col telefonino in mano, in cucina, a metà strada tra la tavola e i fornelli: letteralmente choccato. Non riuscivo a muovere un passo. Non uno che fosse uno!

"Ma no! E' uno scherzo! Com'è possibile!" mi dicevo.

Niente.

"Carmine Alboretti è morto" mi ripetevano.

Whatsapp, telefonate, messaggi. I primi articoli sul web. Ma che dite? Non è possibile! Come può essere? No! Devo andare a vedere. Di persona. Controllare, sincerarmi. E' uno scherzo, non ci credo!

Il tempo di indossare qualcosa e venire a Trecase, "l'ex frazione" come amavi chiamarla tu, boscotrecasese doc, con la solita, provocante e frizzante ironia che ti caratterizzava.

Il tempo di venire a casa tua, Carmine.

Ho guidato come in trance. Nemmeno ricordo che strada ho fatto...

So solo una cosa, amico mio: i manifesti a lutto visti affissi sui muri di via Casa Cirillo mi hanno accolto come solo può farlo un pugno nello stomaco.

"Allora è vero? Come può essere vero? Ditemi che sto sognando. Ditemi che è solo uno stramaledetto e assurdo incubo!! Per favore: svegliatemi".

Parcheggio l'auto e arrivo a destinazione. Cammino e quasi barcollo. Mi sento un'ameba.

Tua moglie mi accoglie e mi spiega tutto, tra le lacrime. La disperazione allora mi assale. E le domande si impossessano di me, come un fiume in piena: ma come è successo? Come può essere successo? Ma che aveva? Soffriva di qualcosa? Ma se stava bene!! Come può essere!? Non è giusto! Non è possibile!!

Mi sposto  e vengo a trovarti. In camera da letto.

Tua madre è seduta al tuo fianco. Tua sorella è dall'altro lato del letto. Ancora lacrime, sofferenza, strazio. Quei volti stravolti. Il pianto. E tu disteso lì. Immobile. Terribile, terribile!! 

Ti ho visto, amico mio. E il dolore mi ha come trafitto togliendomi letteralmente il fiato.

Non so cosa mi abbia retto in quel momento e perché non mi sia piegato in due dalla sofferenza. So solo che la mia mente ha iniziato uno strano, paradossale percorso. Ho pregato, ti ho parlato. Come un pazzo, tra me e me: "alzati ti prego Carmine. Apri quegli occhi, gira la testa di qua, verso me! Alzati e fa che sia stato tutto uno scherzo!! Un folle scherzo!".

Ma niente. Tu sei rimasto immobile. Non ti sei alzato, non hai aperto gli occhi, non ti sei girato verso di me.

Non lo so cosa ho fatto. Ho come perso la cognizione del tempo.

Ho ascoltato tua madre, che rimpiangeva di non aver registrato un tuo ultimo messaggio audio, così da poter conservare almeno una traccia della tua voce sul suo telefonino. E Maria Teresa, tua sorella, chiedermi, piangendo, di fare qualcosa per ravvivare la tua memoria, per fare in modo che di te si parli ancora (e a lungo) in futuro. Perché tu hai dato tanto al territorio! Non hai voluto mai distaccartene. Ed è giusto, ora, che il territorio ricambi tanto affetto e tanta dedizione!!

Lo sai, Carmine, Maria Teresa ma anche tua madre e tua moglie, si sono rivolte a me chiamandomi "Elio". Loro, come te, mi hanno chiamato con il "diminutivo" con il quale da bambino, mi chiamavano gli amici d'infanzia. Un sintomo di antica e rara amicizia. Ma anche di genuina e straordinaria confidenza. Proprio come si usa tra amici. Amici veri, di vecchia data. Come lo eravamo noi due.

Anche tu, d'altronde, hai sempre continuato a chiamarmi "Elio". E lo hai fatto pure quando, nei primi anni '90, iniziavo a firmare i primi articoli con il mio vero nome di battesimo: "Gabriele". Ma come si fa a cambiare il nome di una persona se è da quando sei venuto al mondo che la conosci come "Elio"?

Quanta nostalgia, Carmine caro. Quanta nostalgia!

Ricordi? Quanti anni avevi quando, dalla finestra di casa tua (ancora abitavi in via Salvo d'Acquisto a Boscotrecase), mi lanciavi le mollichine di pane in testa? 5, 6 anni? Io alzavo lo sguardo e facevo finta di redarguirti. Eri piccolo. Io un po' più grandicello di te (sono nato nel 1968, tu nel 1974). Scendevo da casa dei miei nonni materni per andare in piazza Sant'Anna e tu eri lì, praticamente di fronte, affacciato alla finestra di casa, ad attendermi. Sembra ieri, amico mio. Sembra ieri...

A quell'età, 6 anni di differenza rappresentano un abisso. Mi vedevi grande, certo. Volevi giocare con me, coinvolgermi. Essere parte del mio mondo. Ed io stavo al gioco, ti salutavo. Ti facevo le boccacce.

Poi però sei cresciuto. E ci siamo ritrovati a fare un lungo tratto di strada assieme. Uniti dalla passione per questa nostra straordinaria professione. Come se ci fossimo conosciuti da sempre. Con la differenza, però, che questa volta l'handicap dell'età si era abbassato. E noi eravamo diventati colleghi "alla pari". Senza più differenze anagrafiche. Anche perché, diciamocela tutta, un po' ti sei sempre portato per più grande di quello che in realtà recitava la tua carta d'identità!!

E poi: sei diventato pubblicista che non eri ancora maggiorenne. Io invece ero già più grandicello di te quando ho raggiunto quel traguardo. Rammento che collaboravi per una tv di Scafati: "Canale 3". Io ero alla "Voce della Provincia". E le nostre strade si incrociavano spesso.

Rammenti quella volta che ci trovammo in quel ristorante di via Panoramica ad accogliere i ragazzi di Chernobyl che venivano in Italia ospiti di alcune famiglie della nostra zona? E quante volte ci siamo "visti" e confrontati  nelle aule dei Consigli comunali del Vesuviano? E che dire dei conciliaboli in piazza a parlare del più e del meno? E a casa tua, quando immancabilmente mi fermavo con l'auto (nel frattempo ti eri già trasferito in via Giordano) e tu uscivi nel vicoletto e parlavamo di rassegna stampa, politica, progetti futuri, fede, giurisprudenza e...pallone?

Ricordi tuo padre ed il sogno di un canale televisivo digitale tutto per noi? Ce ne parlò a casa tua. A me sembrò una cosa favolosa (per quei tempi), ma tu storcesti il muso e dicesti che non era praticabile. Nossignore! Dovevamo puntare sul territorio, fare un giornale (altro che tv!) che parlasse delle problematiche dei nostri paesi. Fare microinformazione, come avevano tentato di fare i nostri amici Gaetano Acunzo ed Ernesto Argiero quando avevano fondato il mensile "Terra Mia". E come proprio in quei mesi stava iniziando a fare "Metropolis" di Giuseppe Del Gaudio, allora settimanale.

Scendere nella "scazzetta", era questo il tuo pallino. E ci dicevamo che lo avremmo fatto, ci ripromettevamo a vicenda che prima o poi, ci saremmo "confezionati" un giornale tutto nostro, interamente "made in Vesuvio". Quante volte ne abbiamo parlato, su, in terrazza, a casa mia, a Trecase?

Ricordi quando mi presentavo a casa tua fumando il sigaro? A te (che non eri fumatore) piaceva. Io per la verità, non sono mai stato appassionato né ci ho mai capito granché di cubani, mezzi sigari, toscani e toscanelli. Semplicemente, li fumavo perché mi illudevo che, non aspirandoli, fossero meglio della classica (e più nociva) sigaretta. Non ho mai capito se sono stato io a trasmetterti la passione del sigaro, ma mi piace pensare che sia stato così. Almeno, lasciamelo credere.

Poi la vita ci ha portati altrove.

A Napoli, a "La Verità" dove ti volli con me. E dove fui strafelice di abbracciarti!

Che esperienza in via Duomo, ricordi amico mio? Che palestra di vita! Quante cose abbiamo appreso assieme in quella redazione di uomini veri. Giorgio Gradogna, il nostro direttore, stravedeva per te. Ricordi quando ti chiese di scrivere quel pezzo "critico" contro l'allora Vescovo di Napoli e tu, da fervente cattolico, ti opponesti "adottando" la clausola di coscienza? Che forte che eri! Se non erro la spuntasti tu!!

Quante battaglie, amico mio! Quante battaglie!! E quante soddisfazioni. Ma poi c'era anche la tua sofferenza. Partenope in qualche modo ti stava "stretta". Tu sentivi forte e irresistibile il richiamo del territorio. E poi: volevi ultimare il percorso di laurea. Tornare a casa. Concludere gli studi. E così ci separammo.

Io rimasi a "La Verità", condividendo quel tragitto professionale che mi ha, successivamente, portato a diventare professionista. E tu tornando nella tua, nostra, Boscotrecase, dove ti dedicasti ad altro: ti sei laureato in Giurisprudenza e poi hai superato l'esame di Avvocato. Per un certo periodo, hai addirittura lasciato il giornalismo preferendo il foro alla "ferriera" delle redazioni. Ed eri bravo anche come avvocato, Carmine! Caspita se lo eri!!

Ricordo il tuo studio, nei pressi della stazione (quella vecchia però) della Circumvesuviana. Sono venuto a trovarti un paio di volte per una storia di multe ingiuste che mi erano state appioppate per un divieto di sosta assurdo. E che tu, con la tua straordinaria perizia, riuscisti pure a farmi annullare.

Quanta passione ci mettevi!! Quanta passione!! Perché, diciamoci la verità, Carmine: tu eri un esteta del Diritto, un fine conoscitore.

Quando mi capitava di parlare con te, mi sembrava di sfogliare una specie di...Codice umano!! Sapevi praticamente ogni cosa anche nei dettagli, nei particolari. Non era solo studio (e conoscenza) della materia il tuo. Era proprio passione! Passione vera. Perché ci può stare che uno "mastichi" il Diritto, ma se lo ami, se ne sei parte integrante, si vede. Traspare da come illustri le cose, da come le spieghi, da come le vivi, da come le "respiri". E tu anche in questo sei stato un maestro impareggiabile.

E vogliamo parlare della fede, dei tuoi studi sul Francescanesimo? Del tuo impegno per il sociale? Quante volte ne abbiamo dibattuto, io ateo semimilitante (allora) e tu cattolico, senza alcuna velleità di volermi per forza convertire a colpi di Vangelo in testa? Quante volte ho tentato di "convertire" io te e quante volte mi hai rispedito indietro disarmato e sconfitto? E poi la storia. L'amore per la storia dei nostri paesi. Non dimentico che sei stato al mio fianco, nel 2011, quando ho scritto il libro sul brigante Pilone. Non scorderò mai quanto hai fatto per diffondere il mio scritto urbi et orbi, i tuoi consigli, i tuoi incoraggiamenti.

Ancora, amico mio. Ce ne sarebbero di fatti da raccontare. A tal proposito: ricordi l'elezione di Papa Francesco?

Ero in treno. Stavo tornando a casa.

Prima dell'elezione di Bergoglio era il solito impazzare di ipotesi. Eleggono questo, no, eleggono quell'altro. Sarà italiano, no stavolta faranno un Papa africano, ecc ecc. Insomma: il solito "totonomine".

Leggo un tuo post: "E se fosse Francesco?" azzardi.

Fumata bianca. Il neo Pontefice si affaccia alla loggia e annuncia il nome scelto per il soglio di Pietro: Francesco!! Ma tu guarda se Carmine non ci ha azzeccato!

Ti chiamo, ci divertiamo a parlarne! Ma che avevi la palla di vetro davanti? Come hai fatto a indovinare il nome del nuovo Pontefice, vecchio volpone che non sei altro?

Eh sì! Era semplicemente il fuoco del giornalismo che tornava a bruciare forte nelle tue vene!! Tu, vaticanista "in erba", ci avevi visto giusto. Giornalista di razza. Forse fu anche per questo che la tua carriera di avvocato finì ben presto in archivio. O meglio: si trasformò in una sorta di qualificata appendice per sostenere quell'altra mai dimenticata (e insostituibile) professione...primigenia. Il giornalismo, appunto.

Non poteva che essere così, amico mio. Eri nato per fare il "cronista". Un "mestiere" che era come una vocazione per te. Di più: una missione. Giornalismo attivo, però. Quello vero, fatto di frontiera e suole delle scarpe consumate (e sì che tu di suole ne hai consumate!  Non ti ho mai visto al volante di un'auto!! Sempre a piedi!!). Nossignore. Non potevi metterlo semplicemente in un cassetto e rinunciarvi per sempre. E così, di punto in bianco, eccoci nuovamente "colleghi".

Ci siamo rivisti spesso a Roma in questi anni. Tu a "La Discussione", il giornale fondato da Alcide De Gasperi, io nell'ufficio stampa di un gruppo parlamentare del Senato. Mi vengono in mente i nostri viaggi in treno, da Napoli Centrale a Roma Termini, quando mi chiamavi "Elio" davanti ai colleghi e loro mi guardavano straniti chiedendosi: "ma chi è 'sto Elio?". Ma che ne potevano sapere, loro, dell'infanzia, del paese, di piazza Sant'Anna, dei conciliabili, delle tirate e delle questioni che ci facevamo "abbascio o' pere e' pepe"?

Ricordi il caffè alla stazione? Un rito delizioso. Durava sempre troppo poco, ma noi facevamo di tutto per allungarlo. Lì ci scambiavamo le nostre sensazioni, ci confrontavamo sulle esperienze che stavamo vivendo, lì, sulle sponde del Tevere, unitamente alle preoccupazioni che da sempre hanno caratterizzato la nostra straordinaria professione: due "precari" con la valigia ci dicevamo. Piena di sogni, i nostri sogni. "Che ne sarà di noi?" ci chiedevamo. Tu con la fissa del vaticanista, io che rimpiangevo la "ferriera" della cronaca. Ci salutavamo, poi ci separavamo e ciascuno raggiungeva il proprio posto di lavoro.

Nel 2017 hai vinto il premio intitolato a Francesco Landolfo, un altro grande che ci ha lasciato troppo presto e che pure, in vita, fu un tuo grande estimatore.

Che strano destino il tuo, amico mio! Che strano destino. Avevamo ancora tante cose da fare insieme, tante cose da dirci...

Ho detto a Maria Teresa, tua sorella: "di Carmine non ci si dimenticherà mai. E' impossibile". Ed è così. Ne sono convinto. Come puoi "sparire"? Tu sei la memoria di questi luoghi. Tu sei nei luoghi di questa terra come loro erano fissi in te. Anzi, mi auguro che presto Boscotrecase (il tuo paese d'origine) e Trecase (il Comune che poi ti ha adottato dopo il tuo matrimonio) facciano qualcosa di concreto per te, magari - perché no - dedicandoti una strada, una piazza. Non so. In fondo te lo meriti. Ti è dovuto. A prescindere. E noi che ti abbiamo conosciuto, noi che ti abbiamo voluto bene, noi che abbiamo condiviso un pezzo della tua vita, abbiamo un obbligo altrettanto grande nei tuoi confronti: non solo ricordarti, ma portare avanti la tua battaglia per i territori ed il tuo impegno per il prossimo. Insomma: tutti quanti noi siamo chiamati a fare qualcosa per gli altri, anche e soprattutto in tuo nome. Perché sì, Carmine, tu avresti meritato di più. Molto di più. Per il bagaglio culturale di cui eri dotato, per l'umanità che promanava da ogni tuo gesto, per quel tuo volerti prodigare sempre per gli altri in tutti i modi possibili ed immaginabili.

Non a caso, è risaputo, eri anche impegnato nella Protezione Civile di Trecase. Quando a inizio marzo misero il palazzo dei miei in "quarantena", per un caso di Covid, chi mi sono trovato accanto se non te? Mi chiamasti al telefono: "Elio, non preoccuparti: ci penso io a tua madre e tuo padre". E così fu. Ti sei occupato tu di portare la spesa a casa dei miei genitori e di tenermi aggiornato, quotidianamente, rassicurandomi e tranquillizzandomi come si fa tra amici fraterni. "Se ci sono problemi, fammi chiamare dai tuoi, ritienimi a loro disposizione" mi dicevi. Un grande. Un grande!! Pronto e disponibile. Sempre.

Ecco, ora tocca a me.

Anzi, mi correggo: ora tocca a noi.

Lo ribadisco: siamo chiamati a fare qualcosa per te. E dobbiamo farlo perché la tua lezione non vada perduta. E' un obbligo morale che abbiamo contratto nei confronti di un amico fraterno che ci (mi) è sempre stato accanto.

Ne abbiamo parlato tra noi, tuoi colleghi vesuviani. E tutti si sono detti d'accordo. Antonio D'Errico in primis, autentico "motore immobile" di questa iniziativa. E poi Francesco Gravetti, Gianluca De Martino, Franco Tortora, Carlo Avvisati, ecc ecc. Non sto qui ad elencarti tutti i loro nomi, tanto li conosci uno ad uno. Ma ciò che più conta è che grazie alla loro sagacia, grazie all'impegno di tanti tuoi (e nostri) amici vesuviani, ben presto nascerà un'associazione di giornalisti intitolata al tuo nome. Sì, un'associazione "Carmine Alboretti". E quell'associazione promuoverà eventi, convegni, informazione, comunicazione e cultura sul nostro amato territorio, come sarebbe piaciuto a te, amico mio.  Si Carmine. Lo farà in tuo nome. Ogni passo, ogni azione. In tuo nome. Una borsa di studio, una fondazione, un premio... sai le idee in cantiere sono tante. Ma il gruppo ci sta lavorando. E fidati: quello che nascerà sarà un qualcosa che punterà a valorizzare il "Vesuviano", esaltandolo e promuovendo le sue bellezze, come piaceva fare a te, agendo lungo quello stesso solco che tu hai provveduto a tracciare accogliendo la lezione dei grandi che ci hanno preceduto. Perché tu, Carmine, sei stato e resterai un grande. Anche tu. Un grande di questa terra. E noi dobbiamo far sì che il seme che hai gettato possa germogliare e durare in eterno.

 

Ti voglio bene, amico mio.

Grazie di tutto.

Riposa in pace.

 

Gabriele "Elio" Scarpa


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